Il legno nella lunga vicenda umana, verrà focalizzato da una prospettiva nuova, quella del suo rapporto con gli sviluppi della razionalità. Carlo Ruta definirà, in particolare, un modello interpretativo che rilegge diverse esperienze di civiltà, dall'età protostorica a quella moderna, ricercandone le relazioni con il legno: materia "debole", di natura organica, e tuttavia dotata di una forza straordinaria, preminente, che ha segnato profondamente epoche, culture materiali e i saperi scientifici e tecnici di tutti i tempi. Si tratta di un progetto nuovo. Negli orizzonti delle risorse naturali disponibili, il legno una vicenda a sé, presente e tuttavia oscurata, restia a lasciarsi fissare in modo perentorio nel catalogo cronologico delle età, che vengono raccordate invece ai dati materiali consolidati della pietra e dei metalli , e dalle loro dinamiche complesse di età in età, di successione, sostituzione e interazione. È il canovaccio da cui prendono le mosse dalla prima metà del XIX secolo in avanti, le esperienze scientifiche e museali condotte da archeologi come Christian Jürgensen Thomsen, Joseph Déchelette e altri. Il legno si presenta come diverso, per la sua porosità, la duttilità e soprattutto, in rapporto al volume, per la sua leggerezza, che sin dalla preistoria più profonda gli ha conferito una funzione a sé, a misura, si direbbe, della manualità umana. Nella quasi generalità dei casi esso reca un peso specifico inferiore a quello dell’acqua . E questa dote della materia «debole» è quella che più, nella lunga alba delle civilizzazioni, dovette sollecitare le comunità a pensare il rapporto con gli ambienti in maniera diversa e ad incamminarsi verso i tragitti della complessità.
Data pubblicazione
10/01/2020