Gli eventi legati ai relitti di navi sommerse non appassionano soltanto gli amanti delle attività subacquee ma soprattutto, oltre agli archeologi, chi si interessa della storia navale. Per noi della libreria il riscontro è dato dal numero delle visite abbiamo sul nostro ilmare.com all’argomento relitti, e sono veramente tante. E in queste settimane, nonostante le ferie estive, il “traffico” è aumentato con l’uscita dei due nuovi libri, autori tre autorevoli firme della subacquea, Sergio Pivetta, Gianluca Mirto e Sergio Spazzapan, della giovanissima casa editrice Magenes dedicata esclusivamente ai relitti di epoca moderna dei nostri mari, Relitti e navi sommerse, Liguria e Toscana il primo, Relitti e navi sommerse, Sardegna il secondo. Utili per studiare e identificare navi sommerse, sono caratterizzati da un minuzioso elenco di relitti suddiviso per località di affondamento e accurate schede tecniche corredate da fotografie subacquee e storiche spesso inedite come lo strano caso del ritrovamento del sommergibile, ancora non ufficialmente identificato, che riposa nei fondali di Is Arenas (Sardegna).
Il sommergibile Veniero II
Nel libro la scheda dice che si tratta di un relitto sconosciuto ma la notizia ha trovato molto spazio sulla stampa. Nessuno al momento sa, nemmeno le autorità militari italiani, a chi appartenga il relitto di questo sommergibile dove, stando al resoconto anche fotografico degli autori, sono visibili i segni di un attacco militare in piena regola. A rendere ancora più affascinante la storia è l’involucro di cemento, una vera e propria colata, che lo avvolge e lo custodisce. Chi e perché ha voluto nascondere lo scafo con una gettata di calcestruzzo? Cosa c’era di così importante da nascondere? Si tratta di un occultamento di prove? C’erano verità inconfessabili da racchiudere dentro questo sarcofago artificiale? Oppure è stato cementato il rischio di possibili agenti inquinanti? Due le ipotesi che fanno gli autori del libro: potrebbe trattarsi del sommergibile Veniero II – classe Marcello affondato nel giugno del 1942, oppure del sommergibile tedesco Uc-35 affondato da un cacciatorpediniere francese nel maggio del 1918. L’ipotesi del sommergibile tedesco tuttavia perde di consistenza quando si confrontano le dimensioni dello scafo ritrovato, circa 77 metri, rispetto a quelle dell’Uc- 35 lungo poco più di una cinquantina di metri e che, secondo le cronache di guerra, sarebbe affondato nelle acque sud-occidentali dell’isola. Più verosimili quindi le ipotesi del sommergibile Veniero II le cui dimensioni si aggirano attorno ai 73 metri. In questo caso anche il luogo dell’affondamento, avvenuto si presume nel giugno del 1942 ad opera degli inglesi, potrebbe concordare con le cronache di guerra.
Quella che sembrava una questione d’interesse per il solo mondo della subacquea, ha assunto una dimensione pubblica, così al ritrovamento, alle indagini giornalistiche si è aggiunta anche la politica che per mezzo di tre deputati il 30 giugno 2011 ha presentato un’interrogazione parlamentare al Ministro della Difesa Ignazio La Russa chiedendo soprattutto con la quale chiedono soprattutto tre cose: se il ministero sia a conoscenza dei fatti, per quale motivo la Marina non abbia mai recuperato il relitto e «se non ritenga opportuno adoperarsi con ogni mezzo per verificare in maniera trasparente la presenza del relitto e del suo eventuale contenuto».
Dopo la prima segnalazione, nel settembre 2009, la Capitaneria ha effettuato accertamenti con alcuni suoi sub e ha smentito nettamente l’ipotesi che si tratti di un sottomarino: «Fin dall'inizio, vista la profondità, eravamo molto scettici. Gli accertamenti del nucleo subacqueo della Capitaneria e quello della Marina hanno poi dato esito negativo. Insomma, si tratta di una concrezione calcarea: scogli un po’ particolari che possono sembrare la silhouette di un sommergibile». Ma il quotidiano La nuova Sardegna, che ha dedicato molto spazio al relitto titolando uno dei servizi “Un giallo a Is Arenas, il mistero del sottomarino in un sarcofago di cemento”, riporta la testimonianza di un subacqueo esperto, Pierpaolo Porcu, che racconta la sua storia: “La struttura è di metallo. Se infatti si batte in alcuni punti si sente chiaramente il suono del metallo. Poi, ci sono alcuni particolari, come una valvola a stella e alcune fascette di acciaio che abbiamo ripreso in un video. Ho poi verificato che la struttura è ricoperta da una sorta di malta cementizia, il suo peso specifico è infatti molto diverso da quello delle rocce di questa zona”. E continua; “E poi ci sono quelle ossa. Ossa umane. Sono state fotografate e filmate e spuntano da quella lunga massa scura coperta dalla flora subacquea. Come spiegare la presenza di quei resti umani?
La risposta più logica è che a Is Arenas c’è il relitto di un sommergibile coperto da un sarcofago di cemento per misteriose ragioni e che ci sono tracce di quello che è stato il suo sfortunato equipaggio. Se si trattasse di scogli, di una bizzarria della natura, sarebbe molto più problematico spiegare la presenza di quelle ossa. In questo contesto ha un po’ sorpreso la decisione della Capitaneria di Oristano che, con l'ordinanza numero 17 del 6 luglio scorso, ha “blindato” la zona. Il motivo? Una “segnalazione pervenuta a questo ufficio in data 27 giugno 2011 circa la presenza di un presunto ordigno bellico in località Sa Rocca Tunda del comune di San Vero Milis, giacente su un fondale di circa 15 metri”. Nell'ordinanza si parla di un'interdizione totale e immediata della zona “fino all'inizio delle operazioni di brillamento”. La notizia è veramente intrigante e noi la seguiremo nei suoi sviluppi, ci potete contare! Le fotografie sono degli autori dei libri