Il mausoleo del re etrusco Porsenna

Scritto da Il Mare
01 febbraio 2018
Ipotesi Mausoleo di Porsenna (acquarello di G. C. Pavia)
Ancora il nostro “geometra scrittore” Giancarlo Pavia. Questa volta ci fa conoscere il mausoleo del mitico Porsenna, re e lucumone etrusco regnante sulla cittadina di Clevsin (la Clusium dei romani e oggi Chiusi) attorno al V secolo a. C. Viene appellato re dell’Etruria, in realtà  Chiusi era una delle 12 città costituenti la dodecapoli etrusca;  secondo quanto riportato da Plinio il Vecchio, vissuto nel I sec.a.C., Porsenna venne sepolto in un mausoleo situato sotto la città di Chiusi, al centro di un intricatissimo percorso di cunicoli ipogei. Plinio riporta in verità la descrizione che il bibliotecario di Cesare, Terenzio Varrone ( 116 - 27 a.c. ) fa della gigantesca tomba etrusca (90 m di lato di base!) che avrebbe avuto un’architettura davvero avveniristica per quei tempi, come si legge: E ora conviene parlare del [labirinto] italico, che fece per sé Porsenna, re dell'Etruria, per
sepolcro, e allo stesso tempo affinché fosse superata la vanità dei re stranieri anche dagli Italici. Ma poiché il favoloso supera ogni immaginazione, useremo le parole dello stesso M. Varrone per questa descrizione: Fu sepolto sotto la città di Chiusi, nel qual luogo lasciò un monumento quadrato in
Ricostruzione ipotetica del mausoleo
pietra squadrata, ciascun lato largo 300 piedi (circa 88,8 m) e lato 50 (circa 14,8 m). In questa base quadrata c'è all’interno un labirinto inestricabile, dove se qualcuno vi entrasse senza un gomitolo di lino, non potrebbe trovare l’uscita. Sopra questo quadrato si ergono 5 piramidi, 4 agli angoli e una al centro, alla base larghe 75 piedi (circa 22,2 m), alte 150 piedi (circa 44,4 m), inclinate in modo tale che in cima a tutte è posto un disco bronzeo ed un unico petaso (cappello da viaggio a larghe falde), dal quale pendono campanelli sospesi a catene, che agitati dal vento portano i suoni lontano, come un tempo fatto a Dodona. Sopra questo disco si ergono altre 4 piramidi ciascuna alta 100 piedi (circa 29,6 m). Sopra queste su un'unica base 5 piramidi delle quali Varrone ebbe vergogna a riferire l'altezza. I racconti etruschi tramandano che fosse la stessa di tutta l’opera. Per tanto, insana demenza, aver cercato la gloria non portò giovamento alcuno, oltre ad aver spossato le forze del regno, affinché alla fine la lode maggiore fosse dell’artefice. Com’era possibile che una costruzione simile trovasse posto o quanto meno traesse origine, in un luogo sotterraneo? A dire il vero non possediamo ulteriore documentazione e, del resto, sullo stesso re Porsenna abbiamo dei racconti indiretti. Da dove Varrone aveva attinto la notizia di un mausoleo ipogeo appartenuto al
Un cunicolo del labirinto
re e lucumone Porsenna? Più probabilmente si tratta del sistema di approvvigionamento idrico, scavato dagli etruschi in epoca arcaica, ed erroneamente definito “Labirinto di Porsenna” dagli archeologi che negli anni ’20 avevano trovato le prime gallerie. Infatti gli studiosi credevano di avere trovato il mausoleo descritto da Plinio. Il sistema è particolarmente vasto ed ingegnoso, scavato nella pietra arenaria, per una profondità massima di 25 metri circa. Il sistema è composto da un fitta rete di passaggi, larghi in media un metro ed alti da due a cinque metri, talvolta rinforzati da blocchi di pietra. Vi si incontrano cisterne e piccoli bacini per raccogliere l’acqua. Un cunicolo si dirama fino alla cisterna etrusco-romana, chiamata così per il modo in cui è stata costruita (etrusco). È coperta infatti da una doppia volta, sostenuta da un grande pilastro centrale. Risale al I secolo a. C. e sopra di essa, nel XII secolo, venne eretta una torre a difesa, divenuta poi il campanile della cattedrale. Nei cunicoli, che vennero usati anche come discarica, sono stati fatti vari ritrovamenti, tra i quali spiccano un tratto della cinta muraria ellenistica, romana e medievale (a sud) e, sotto l’abside del duomo, i resti di una lussuosa abitazione privata di epoca imperiale. Il percorso è arricchito dalla presenza di iscrizioni e urne in alabastro, marmo o travertino, databili tra la fine del IV e l'inizio del III secolo a.
Gian Carlo Pavia