La mattina del 9 maggio scorso, l’unità
Cigala Fulgosi della Marina Militare italiana, una delle nuove unità combattenti realizzate con
caratteristiche stealth, mentre conduceva la propria missione nell’ambito di Mare Sicuro, a circa 75 chilometri dalla costa libica, ha incontrato una piccola imbarcazione, con 36 persone sprovviste di salvagenti, che imbarcava acqua e che era in procinto di affondare con imminente pericolo di vita per le persone imbarcate.
In base alle stringenti normative nazionali ed internazionali, nave Cigala Fulgosi è intervenuta salvando i 36 occupanti del natante, di cui 2 donne e 8 bambini, per i quali è attualmente in atto la verifica delle condizioni di salute e delle relative identità, in stretto coordinamento con le competenti autorità nazionali. La Marina Militare
italiana, nell’ambito dei suoi compiti di
tutela e salvaguardia degli interessi nazionali e della sicurezza del Paese, sta attuando l’Operazione Mare Sicuro. Avviata il 12 marzo 2015 per l’evolversi della crisi
libica, l’iniziativa prevede il dispiegamento di un dispositivo aeronavale per garantire attività di presenza, sorveglianza e sicurezza marittima nel Mediterraneo centrale e nello Stretto di Sicilia. Le unità, 6 navali e 5 aeree, operano in un’area di mare di circa 160.000 km quadrati, situata nel Mediterraneo centrale, che si estende al di fuori dalle acque territoriali di stati terzi ed è delimitata a sud dalle acque territoriali libiche.
Dal 1 gennaio 2018, i compiti della missione sono stati ampliati a ricomprendere le attività di supporto e di sostegno alla Guardia Costiera e alla Marina Militare libiche per il contrasto dell’immigrazione illegale e del traffico di esseri umani. Nave Cigala Fulgosi è posta a protezione distante della nave ausiliaria Capri, che opera prevalentemente ormeggiata in porto a Tripoli per fornire assistenza tecnico-logistica ai mezzi della Marina militare e della Guardia Costiera libica nonché a salvaguardia del personale italiano presente a Tripoli e delle piattaforme estrattive dell’ENI presenti al largo delle coste libiche.
Giovanni Cespa