Il quarantenne Francesco Tiboni di mestiere è archeologo navale subacqueo, si occupa di navigazione preistorica e protostorica. I suoi più recenti lavori sono il recupero del
relitto di Marausa (ne abbiamo scritto sul nostro magazine) e quello della barca cucita di Capannela d’Adige. Vi aspetta in libreria il prossimo martedì per la presentazione del suo libro
La presa di Troia, un inganno venuto dal mare. Il titolo così intrigante nasce dalla sua tesi di dottorato sull’iconografia dell’archeologa navale del Mediterraneo, dalla preistoria all’epoca romana. Così si è imbattuto nelle imbarcazioni tipo fenicio che i greci chiamavano hippos, per noi cavallo, e l’equivoco nasce da qui e da sempre crediamo che i greci hanno espugnato Troia con il famoso trucco del cavallo.
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Hippos fenicio |
Già Pausania nel secondo secolo d. C. scrisse “la storia che Troia si stata espugnata con il trucco del cavallo da cui sono scesi uomini armati la può accettare solo chi ritiene che i troiani erano la popolazione più stupida sulla faccia della terra”. Però hippos in greco è nave, quindi verosimilmente Omero quando scrisse hippos volesse dire nave e non cavallo. La leggenda è nata per un problema di interpretazione e di traduzioni perché Omero parlò di un hippos, cavallo, e la narrazione entrò a far parte della nostra cultura. Da qui Tiboni ha cominciato a ragionare rileggendo tutti i documenti disponibili per capire se questa poteva essere la soluzione all’inghippo.
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Francesco Tiboni |
Dopo 18 mesi di studi ha scritto un articolo per una rivista scientifica nel quale ha dimostrato che Omero quando scrive hippos si riferisce a una nave.