Percorrendo un ampio ventaglio di opere letterarie, musicali e pittoriche, Jean Libis esplora in questo testo i rapporti simbolici multipli tra l’Acqua e la Morte. Infatti, come notava Gaston Bachelard, maestro e capostipite di una lunga tradizione di interpreti dell’immaginazione creatrice in contatto con la forze elementari della materia, l’acqua è verosimilmente un “cosmo di Morte”. Il che non contraddice il fatto che le rêveries sull’acqua appaiano perlopiù intrise di valori vitali e rigenerativi, semmai rivela l’ambivalenza di un tale universo immaginario. Dalle mitografie che esibiscono la dissoluzione del principio d’individuazione, all’emergenza letteraria di figure indelebili come il “vascello fantasma” o “la città inghiottita” che echeggia nelle celebri note di Claude Debussy, dalla narrazione popolata di mostri marini dell’Ottocento, all’irriducibile presenza, figurativa e poetica, di un’erotica dell’acqua popolata di sirene e ondine ipnotizzatrici, il volume di Libis si configura come un’immersione affascinante e interrogante nell’universo dei simboli acquatici che interpretano e modulano l’esperienza della fine, in un certo senso rendendola famigliare ed eufemizzandola. L’ermeneutica incandescente e iridata dell’autore, che assume essa stessa una misura liquida e fluente, è da questo punto di vista il modo, forse l’unico, il traghetto fragile, ma intenso, plurale, inesauribile, cui affidarsi, per restituire senso al vivere e al morire, riconnettendosi agli elementi, agli “ormoni” dell’immaginazione, come li chiamava Bachelard, e al fertile e irriducibile sprigionarsi di miti e simboli che sempre da essi scaturisce.
Data pubblicazione
01/05/2004