Il pretesto che dalla Francia porta Jérémie Felsen a Mauritius è un sasso, perfettamente rotondo, appartenuto al padre, ma sotteso al viaggio c'è un bisogno antico di entrare in quell'isola lontana dove la sua famiglia, e tutti i suoi antenati, hanno vissuto. Su questo pezzetto di terra già mezza affondata dai traffici moderni, approdo dolce per il turista desideroso di lidi azzurri, Felsen si incammina in cerca di chi ha storie meno lievi da raccontare, di chi si muove con grazia tra i rumori sottili della foresta, di chi ancora ricorda che un tempo questo territorio era il regno incontrastato del dodo, uccello buffo e inadatto al volo, sterminato dai coloni. Romanzo di abbagliante bellezza, sorta di omaggio al luogo in cui lo stesso Le Clézio è nato è cresciuto, Alma è un avvicendarsi di quadri struggenti e voci solo apparentemente svigorite, ed è un memento. Perché sulle stesse spiagge che oggi accolgono i surfisti c'è stato un tempo, l'epoca d'oro della coltivazione della canna da zucchero, in cui «uomini, donne, ragazzini venivano scaraventati sulla sabbia, barcollanti, il corpo coperto di piaghe, tremanti di febbre e di paura, gli occhi strabuzzati per lo sgomento davanti al più bel paesaggio del mondo che presto sarebbe stato la loro tomba». Il mare di Mauritius, suggerisce Le Clézio, è un pezzo della nostra storia da cui serve farsi straziare.
Data pubblicazione
16/02/2021