Uno studio accurato che si è avvalso della collaborazione di Pino Giaccone, Raimondo Sarà e dei fotografi subacquei d’eccezione come di Rosaria e Enrico Gargiulo. L’isola di Ustica occupa una posizione privilegiata nel basso Tirreno lungo il flusso della corrente Atlantica che le garantisce un apporto costante di disseminale planctoniche e di popolazioni di pesci e cefalopodi. Queste trovano un habitat particolarmente favorevole nei suoi fondali rocciosi, dove si concentrano in aggregati di stupefacente complessità e di grande effetto estetico. L’analisi delle ricerche scientifiche realizzate nell’ultimo trentennio consente di tracciare un quadro della ricchezza specifica e della distribuzione dei biotopi a più alta biodiversità. I problemi concernenti la biodiversità vengono esposti ed interpretati criticamente. L’autore segnala alcune specie di nuova comparsa, delle quali la più significativa è Sphyraena viridensis, luccio di mare di origine tropicale, chiamato dagli sportivi barracuda. De Cristofaro segnala alcuni effetti conseguenti all’istituzione dell’area marina protetta. Il più rilevante è la crescita incontrollata delle popolazioni dei due ricci, Arbacia lixula e Paracentrotus lividus, che hanno distrutto la copertura di alghe fotofile, causando una sensibile erosione del substrato roccioso. Nonostante tale disturbo, l’isola è sempre un hot spot per la ricchezza specifica, in quanto su un’area approssimata allo 0,02% del Mediterraneo essa concentra oltre il 20% delle specie conosciute per l’intero bacino. È ancora oggi una sorta di paradiso per i subacquei.
Data pubblicazione
01/01/1970