Il 16 luglio 1945 l’incrociatore Indianapolis salpa da San Francisco per una missione verso Tinian, nell'arcipelago delle Marianne. Neanche il comandante Charles McVay sa che il carico da consegnare è nientemeno che «Little Boy», la bomba atomica che verrà sganciata su Hiroshima. Compiuta la missione, McVay e i suoi uomini fanno rotta verso Leyte, nelle Filippine. Ma nella notte del 29 luglio 1945 l'Indianapolis viene colpito dal sommergibile giapponese I-58 e cola a a picco in pochi minuti. Inizia così la tremenda odissea di circa quattrocento uomini, abbandonati nell'oceano: per cinque giorni si ritrovano a lottare contro le forze della natura e soprattutto contro gli squali, che, attratti dall’odore del sangue, azzannano i vivi e i morti. Avvistati casualmente il 2 agosto, nelle successive trentasei ore i superstiti sono tratti in salvo. Nei mesi seguenti, la sciagura scuote i vertici della Marina e l’opinione pubblica e, nel rimpallo delle responsabilità, il comandante McVay viene individuato come unico responsabile e trascinato davanti alla corte marziale. Nel 2001, cioè quasi sessant'anni dopo la tragedia, la Marina degli Stati Uniti chiude la pratica relativa all'Indianapolis, prosciogliendo McVay dall'accusa di «comportamento negligente» in relazione alla perdita della sua nave. Il comandante, tuttavia, non ha avuto la soddisfazione di vedere cancellata quell'accusa, essendo morto suicida nel 1968... Ma che cosa è successo davvero sull'Indianapolis? Perché c'è voluto così tanto tempo per riabilitare un ufficiale che già i suoi uomini avevano scagionato? Doug Stanton, che ha avuto la possibilità di parlare con gli ultimi superstiti, traccia una nuova, più convincente, storia della tragedia, rivelando lo straordinario coraggio di McVay e dei suoi uomini prima, durante e dopo l'affondamento dell'incrociatore, ma anche in patria, a tragedia conclusa.
Data pubblicazione
03/10/2003