Se è vero che Cristoforo Colombo, il genovese Cristoforo Colombo, è stato l'uomo che maggiormente ha influito sulla storia del suo millennio, è soltanto una naturale conseguenza che le sue imprese abbiano sempre suscitato in tutti coloro che amano il mare un insieme di forti emozioni. Quando l'allora. giovanissimo capitano Enrico d'Albertis apriva le finestre della sua bella casa di Voltri e guardava il golfo di Genova il suo cuore sicuramente batteva forte, i sogni e i progetti si confondevano. Quel mare è da sempre considerato per i "cognoscenti" una università della vela, se impari a cavartela "lì" hai già fatto moltissimo. È la culla della tramontana "a Vutri ghé giancu",dicono ancora oggi i velisti che arrivano allo Yacht Club al mattino di una regata qualunque; "giancu" è il colore del mare per il forte vento di terra. Aveva cominciato prestissimo, sappiamo che nel 1870 a 24 anni, dopo aver prestato servizio militare in Marina, era al comando di "Emilia", aveva fatto parte del corteo inaugurale del canale di Suez dietro alla nave dell'imperatrice Eugenia. Ma era pur sempre una nave mercantile costretta a viaggi brevi e programmati. Lui ha voglia di avventure, di azione; nel 1872 fa un record su un velocipede sulla Torino-Genova, pratica alpinismo, nuoto, e qualunque attività che plachi momentaneamente la sua sete di conoscere e di mettersi alla prova. Nel 1879 è fra i soci fondatori dello Yacht Club Italiano, sono in cento; mi piace pensare che questo ambiente, influenzato moltissimo dai circoli anglosassoni, abbia maturato in d'Albertis la consapevolezza che, anche lui alla pari di tanti famosi armatori e yachtsmen inglesi poteva lanciarsi in una nuova dimensione, lasciare alle spalle il golfo e puntare all'orizzonte. Ecco il "Violante", considerata la prima barca italiana da diporto. Il cantiere? Ma a Voltri naturalmente. L’equipaggio? Chi meglio dei marinai e degli skipper voltresi che già sono considerati fra i migliori del mondo? Nei successivi 30 anni chi vorrà confrontarsi nelle coppe internazionali dovrà "pescare" lì, sui pontili del ponente, come fece per esempio il Duca degli Abruzzi per andare a vincere la coppa di Francia. I "kiwi" allora erano qui. Un salto avanti; siamo nel 1893 l'anno prima in occasione dei festeggiamenti del quarto anniversario della scoperta dell'America, costruisce con Ugo Costaguta i modelli delle caravelle per una mostra negli USA e viene premiato dal Comune di Genova. Ma è già pronto il "Corsaro", progetto e costruzione sempre Costaguta, 21.70 OA, 70 tonnellate, un capolavoro della cultura marinaresca. Partecipa ad alcune regate, poi decide: rotta di Colombo verso San Salvador, prima terra "scoperta". È solo uno dei molti viaggi del capitano d'Albertis ognuno dei quali descritto in un suo libro, ma forse è il più emozionante; ricerca scientifica, passione naturalistica, il rigore etico di usare solo strumenti disponibili al "grande genovese". Dirà in un altro libro: "lo sono marinaio e scrivo per chi condivide meco il culto del mare; se il lettore cerca in questo lavoro il letterato, l'uomo di scienza ovvero il narratore di strane vicende di viaggi, chiuda pure il libro e resti in terra!" Sottopose un testo a Edmondo De Amicis che disse: "Lasci così nella sua genuina semplicità". Corsaro parte da Cadice fra l'entusiasmo degli spagnoli, il 'buque de recreo" genovese che evoca il viaggio dell'altro genovese che arriverà a San Salvador dopo 27 giorni e 22 ore, percorrendo 3850 miglia alla media di 5,7 nodi. Nei primi anni '60 la Marina Militare fece costruire una barca per partecipare a tutte le più importanti regate. Un programma durato moltissimi anni, centinaia di migliaia le miglia percorse in tutti i mari del mondo, una ambasciata navigante per dare lustro marinaresco al nostro paese; fu un successo irripetibile; fu scelto l'unico nome possibile: "Corsaro II''. Quando mi è stato chiesto di scrivere la prefazione di questa riedizione di Crociera in San Salvador ne sono stato molto orgoglioso; ho avuto la fortuna di essere Presidente dello Yacht Club Italiano nell'anno in cui verrà riaperto al pubblico, dopo tanti restauri, il castello d'Albertis, testimonianza di un'epoca straordinaria. Sono grato come genovese per quanto la famiglia sta facendo perché questo libro è ancora oggi una testimonianza importante di una vita dedicata ai valori che tutti riconosciamo, ma che si affievoliscono sempre di più; ma sono soprattutto grato al Com. d'Albertis per aver portato il nostro guidone in tutti i mari del mondo con l'understatement di un vero marinaio. Carlo Croce
Data pubblicazione
01/11/2004