Scopo della ricerca è indagare i fari come luoghi carichi di significato culturale e storico, potenziali oggetti di indagine dal quale attingere le memorie e le narrazioni delle comunità marittime. Uno studio di questo genere è dettato dalla necessità di riscoprire queste strutture che hanno lasciato un segno importante nelle identità delle comunità marittime. Se per l’uomo di mare il faro è lo strumento che indica la rotta sicura, per l’uomo di terra, invece, esso è una costruzione misteriosa dalle forme immobili, situata in un territorio “al confine” e in grado di fronteggiare la maestosità del mare e confondersi con il silenzio del paesaggio circostante. Le storie di vita degli uomini e delle donne che hanno vissuto e lavorato in questi straordinari manufatti sono in grado di svelare un complesso micro-universo denso di relazioni: il faro è infatti luogo di lavoro, ma anche spazio domestico, intimo e personale. Costretti ad un’esistenza solitaria e piena di sacrifici, nelle loro storie è possibile cogliere un micro-universo sociale, fatto di affetti, di intimità con se stessi, di relazioni significative con gli oggetti e con il faro stesso, divenuto nel corso del tempo un caro compagno di vita. Visitare un faro significa cogliere lo spirito di un paesaggio sospeso tra terra e mare; ascoltare le voci dei suoi abitanti cogliendo il senso di una vita a “guardia del mare”, della navigazione e dei naviganti; afferrarne l’essenza nella quiete indisturbata dell’isolamento e della lontananza da tutto ciò che è “vissuto quotidiano”; comprendere il valore di una solitudine “piena”.
Data pubblicazione
08/08/2018