All'inizio di questa storia, solstizi ed equinozi cadenzavano le due lunghe stagioni delle attività dell’uomo: l’equinozio di primavera che oggi tocca Andromeda, passava, 4000 anni fa, per le Plejadi, un gruppo di stelle che "sembrano palpitare nel fondo dei cieli". Nell'incerto baluginio delle ore antelucane, sorgevano splendenti ad indicare l'inizio della buona stagione, chiamando gli uomini al lavoro dopo la lunga pausa invernale. Erano attese dai naviganti, impazienti seppur timorosi di affrontare il Pelagos immenso ed ignoto, smaniosi di acquisire più fertili terre, di scambiare utensili, di procacciarsi riserve e conoscenze; segni luminosi e propiziatori per i pescatori, guida per ritrovare tracce svanite nel buio della sera precedente, per riprendere, dalle basse insenature scogliose, attraverso i passaggi tra le isole e fino al mare aperto l'assiduo inseguimento dei grandi tonni panciuti, affioranti nella corsa per la riproduzione: il lungo viaggio nuziale che avrebbe lasciato una scia feconda di nuovi nati. Così, giorno dopo giorno: sino ai primi violenti temporali di fine estate, allorché gli Astri d'un tratto sparivano dal consueto spazio, nel cielo delle prime ore del mattino. Dopo un'assenza di circa 40 giorni, le Plejadi sarebbero ricomparse, ora, al primo calare della sera, nel mese che per noi è novembre: il periodo delle stelle dei morti, che veniva chiamato Athar-aje dagli Egizi o più semplicemente, Athor, l'epoca dei morti, da Caldei e Cananei. Essi ne avrebbero festeggiato il culmine luminoso nelle serene notti tra la fine di dicembre e l'inizio di gennaio, secondo una tradizione che si è ritrovata identica ed altrettanto suggestiva in popoli all'altro capo del mondo: Polinesiani, Australiani, Peruviani. ".... Il triste inverno incombe con le Plejadi..." e, nelle interminabili e gelide giornate, sui tonni gustosi, di vitale rilevanza per l'economia e per l a loro stessa sopravvivenza, i nostri antenati ora avrebbero congetturato a lungo, scalfendo sagome sulle pareti delle grotte, ideando strategie per mirabolanti catture. ".. Dolci e remote Plejadi... quante speranze vi vennero confidate dal marinaio perduto nel grande mare, nell'attesa dell'abbondante preda!... Quanti sogni da quando egli apprese a condurre le navi con il remo, osservando l'astro della Plejade Taigete!” Ovidio, Metamorfosi; Lib.Ill, vv. 594 e segg.
Data pubblicazione
01/05/1998