Nel 2015, più di 130.000,00 migranti hanno tentato di attraversare il Mediterraneo per arrivare sulle coste italiane. Quasi tremila di loro sono morti o scomparsi durante il viaggio: cadaveri che rimangono spesso sommersi, e, anche se recuperati, restano senza nome, senza storia, senza identità. Infatti, negli ultimi 15 anni oltre 30.000 migranti sono morti nelle acque del Mediterraneo: più del 60% giace sepolto senza un’identità. Come dare un nome a questi morti? Esiste un dovere giuridico che impone il recupero e l’identificazione di questi corpi? Quali sono le ripercussioni della mancata identificazione sulle famiglie? Gravemente incerto è, inoltre, il destino di quei migranti che riescono ad oltrepassare “vivi” i confini europei: ad accoglierli un complesso di norme e procedure non sempre rispettose dei loro diritti fondamentali. E tutto ciò appare ancora più drammatico per i moltissimi minori non accompagnati che si disperdono in Europa senza riuscire a ricongiungersi ai loro familiari. Come garantire i diritti fondamentali di queste persone nelle procedure di prima accoglienza e tutelare i minori non accompagnati, rispettando il loro fondamentale diritto all’unità familiare? È possibile e in quale misura fornire sostegno ai più vulnerabili?
Data pubblicazione
27/05/2016