Il futuro della portualità italiana è europeo o non è. Come ogni altra “industria” del nostro Paese anche la portualità si trova di fronte alla necessità di rispondere alle sfide dell’innovazione tecnologica e organizzativa della sua filiera produttiva e della globalizzazione dei suoi mercati. Globalizzazione che nel settore marittimo portuale si presenta sotto la forma del gigantismo navale e di quello del gigantismo portuale, che tendono a escludere dal mercato dei traffici transoceanici i porti che non riescono ad adattarvisi. Il futuro è dei porti ubicati lungo le rotte che collegano i grandi mercati mondiali ma solo se capaci di trattare grandi volumi di traffico e di farlo a efficienza crescente. Porti da integrare in ampi sistemi logistici organizzati attorno a retroporti e interporti atti a consolidare/deconsolidare traffici inoltrati lungo corridoi multimodali verso ampi mercati contendibili. Nessuno dei porti italiani è oggi nelle condizioni di contendere i traffici mondiali da e per l’Europa ai porti del Mare del Nord. Da questa condizione di minorità si può uscire solo riordinando i porti in pochi sistemi multiportuali, sfruttando l’“occasione” della nuova strategia di costruzione della rete trans-europea dei trasporti, Ten-T, entro il 2030. La condizione è che l’Italia riformi radicalmente in senso europeo il suo quadro normativo: riducendo e gerarchizzando le sue autorità portuali, aprendo i mercati dei servizi portuali e di quelli tecnico-nautici a una maggior concorrenza, allineando al diritto europeo l’affidamento delle concessioni e il lavoro portuale, riformando il regime di esercizio del traffico ferroviario merci e dell’autotrasporto in un’ottica di più spinta sostenibilità ambientale. I vantaggi conseguibili con questo approccio sono esemplificati nel caso del multiporto-corridoio dell’Alto Adriatico: il più “europeo” di tutti per la necessità funzionale “transfrontaliera” di vedere i porti italiani di Ravenna, Venezia e Trieste operare in regime di coopetition (cooperazione e competizione) con il porto sloveno di Koper e quello croato di Rijeka. Il contributo di innovazione tecnologica e organizzativa dello “scalo” di Venezia al raggiungimento degli obiettivi alto adriatici comuni è, infine, illustrato con la descrizione del progetto di porto integrato offshore-onshore in corso di avanzato sviluppo.
Data pubblicazione
01/12/2013