Le isole Shetland sono roccia e torba, mare, tempesta. È qui che vive Malachy Tallack, ed è da qui che, qualche anno dopo la morte del padre e la nascita nell’animo di una perpetua nostalgia di casa che è anche continuo bisogno di andarsene, parte per un viaggio intorno al mondo lungo il sessantesimo parallelo nord. Ai piedi della montagna dei Corvi in Groenlandia, davanti allo spettacolo degli iceberg nella baia di Nanortalik, scopre la bellezza caduca dell’Artico. A Fort Smith, in Canada, dove l’attrazione più importante sono le Rapide degli Annegati e nelle foreste gli orsi sono fantasmi in agguato, incontra un vecchio libraio danese che, alla ricerca di una comunione profonda con la natura, si è spinto sempre più a nord fino ad approdare lì, ad almeno trecento chilometri da tutto il resto. È la stessa pulsione che spinge frotte di turisti in Alaska, prima sulle sponde del fiume Kenai per fotografare la risalita dei salmoni rossi e poi su una delle tante imbarcazioni che promettono escursioni in un mondo incontaminato, reso però impossibile proprio dai clic delle loro macchine fotografiche. È così il grande Nord, terra di miti solenni e tragici: promette agli estranei miraggi di purezza, ma per chi lo abita,come gli eveni della Kamčatka, che grazie alle renne convivono da sempre in delicato equilibrio con i ghiacci della Siberia, è semplicemente casa. E casa, come il Nord, non è solo un luogo: è uno stato dell’anima, capisce Tallack sulla nave da carico che lo riporta alle Shetland su un mare in tempesta, «un processo di consapevolezza del luogo in cui è coinvolto il cuore».
Data pubblicazione
14/02/2024