Pochi eventi hanno colpito l'immaginario collettivo come il naufragio del Titanic la notte fra il 14 e il 15 aprile 1912, cento anni fa. La ricorrenza, con il suo carico di emozioni mai sopite, ha provocato la pubblicazione e ripubblicazione di ricostruzioni storiche e romanzate, la riedizione in 3D del film di Cameron; per non parlare della bella canzone di De Gregori. L'editoria per l'infanzia ha offerto uno dei ricordi/omaggio più intensi dal punto di vista emotivo e anche storico-sociale con uno splendido albo che giustamente affianca le due autrici. È il Titanic che si racconta come una "favola bella": la grande madre inaffondabile, regina dei mari, benevola, che accoglie raffinate dame ed eleganti signori, ma anche emigranti con panni ruvidi, fagotti di stracci e pentole; bambini con palle e cerchi insieme a piccini magri e spauriti con i capelli rossi che si tengono per mano in fila come anatroccoli e che si lasciano dietro le patate annerite d'Irlanda, verso l'America che è speranza, lavoro, scuola, pane bianco, ma presto rincuorati giocano a rincorrersi nei corridoi e ponti. Poi, con un salto di tensione drammatica di grande forza narrativa, "improvviso, il suono isterico di una campana" decreta la tragedia, la fine, mentre l'orchestra continua a suonare. L'inaffondabile che affonda diventa matrigna e poi creatura del mare, monumento eterno negli abissi. Degl'Innocenti trova le parole giuste, toccanti e terse, poetiche ancorché realistiche, che Possentini accompagna con le sue atmosfere fatte di toni lievi capaci di evocare anche il dramma; basta guardare la doppia pagina dell'urto fatale, metà ancora con il giallo delle luci e l'altra metà grigia e bianca per "l'alito ghiacciato che sa di pesce e di alghe marce"; nella tavola successiva tutto è nero e biancastro. Raramente si vede una tale simbiosi artistica di linguaggi.
Data pubblicazione
01/11/2012