Lungo molti secoli i Veneziani hanno considerato l’Adriatico come il proprio golfo, rivendicando la sovranità sulle sue acque che il doge sposava ritualmente ogni anno. Tuttavia non ne hanno mai dominato la totalità delle sponde. L’autorità della Repubblica di san Marco si è esercitata in maniera intermittente sulle acque, più stabilmente su diversi punti della costa orientale: in Istria, sulle isole del Quarnero, nonché su quelle della Dalmazia, che celano porti quali Zara e Spalato. Questo insieme discontinuo si disponeva tra il mare e montagne scoscese. Interrotto dal territorio di Ragusa, si prolungava al di là delle bocche di Cattaro, fino al punto in cui la fortezza di Corfù montava la guardia al canale d’Otranto. L’Adriatico dei Veneziani era anzitutto una rotta marittima percorsa da galere e bastimenti commerciali, lungo una costa il cui dedalo di isole e penisole risultava propizio alla pirateria. Era inoltre un insieme di roccaforti con i propri bastioni innalzati tra i flutti e le muraglie rocciose che rinserravano l’orizzonte. Era infine il luogo da cui si dispiegavano le strade che risalivano verso un entroterra invisibile e selvaggio, verso terre straniere da cui provenivano invasori e pestilenze, ma da cui partivano anche mercanzie e i percorsi della transumanza. Il mondo italo-slavo e cattolico di questi territori di confine tra terra e mare aveva trovato in Venezia la protettrice nei confronti dei Turchi. Per molto tempo dopo la caduta della Dominante, come la Serenissima era anche chiamata, la sua impronta è perdurata: bastioni, campanili, palazzi, decorazioni di chiese e di case testimoniano ancora questa dominazione, dapprima imposta, poi rimpianta, che - come si può vedere a Ragusa - fece delle acque del - l’Adriatico, più che una frontiera, un’area di civilizzazione veneziana.
Data pubblicazione
01/09/2015