Gli studi e le scoperte di archeologia e storia navale condotti da ormai cinquant' anni hanno permesso di affrontare la ricostruzione delle navi antiche con una visione d' insieme, che ovviamente non permette di completare tutti gli argomenti, ma che consente di pensare alle navi antiche in termini obiettivamente più realistici, per quanto possiamo ipotizzare, e più vicini alla mentalità di chi ha costruito ed ha usato le imbarcazioni; si possono cioè evitare estrapolazioni di fantasia o scenografiche, che erano tipiche della pubblicistica ottocentesca e che ancora si incontrano, ad esempio nella cinematografia, in molte immagini pubblicate in rete, o in modelli proposti anche in mostre o musei. A questo aspetto si deve aggiungere la quantità di dati recentemente venuti alla luce da discipline diverse come la letteratura e la linguistica, l' arte e l' archeologia dei territori, che hanno permesso di ricostruire almeno in parte la rete della navigazione, il quadro culturale e di vita quotidiana che ha fatto da sfondo all' attività dei costruttori, dei barcaioli e dei marinai. Ho voluto quindi aggiornare il tema della ricostruzione di navi mercantili e di barche di età romana, riassumendo un percorso di ricerca che parte idealmente, e personalmente, dal 1961, data della pubblicazione, in Italia, dello splendido volume di Bjrn Landstrm: La nave, che ha prodotto il meglio proprio a partire dal capitolo sull' età romana. Nel 1963 Nereo Alfieri ha pubblicato sull'Enciclopedia dell' Arte Antica il suo saggio sull' iconografia navale e non fu un caso che nel 1964 venisse ristampato lo studio di Cecil Torr Ancient ships, una tappa fondamentale nello studio delle fonti letterarie sulle navi antiche. Seguì poi, nel 1970 la ristampa dell' importante volume di James Hornell, Water Transport, Origins and early Evolutions. Da allora l' archeologia navale ha compiuto grandi progressi, con gli studi di Lionel Casson, Lucien Basch e di Pietro Janni sulle fonti letterarie ed iconografiche, che hanno avuto un supporto fondamentale dalle sempre più numerose scoperte di archeologia subacquea e di imbarcazioni in terraferma. Attorno al 1960 venne scoperto il metodo antico di costruzione con il guscio portante; ne sono seguite molte ricerche e pubblicazioni e, tra le molte che riguardano l' area mediterranea, è doveroso ricordare quelle di George Bass, Peter Throckmorton, Richard Steffy, Patrice Pomey, Eric Rieth, Michel Rival, Ronald Bockius, Cemal Pulak, Piero Gianfrotta, Piero Dell' Amico, Stefano Medas, Carlo Beltrame, Giulia Boetto, che hanno permesso di studiare molti relitti antichi e di ricostruirne soprattutto la tecnica costruttiva. Mi sono inserito in questo filone di ricerche appunto dal 1961 con studi su reperti specifici e su argomenti di carattere generale, cercando anche di ricostruire il percorso tecnico e culturale, che dalla tecnica costruttiva ha portato all' architettura navale. Questa ricerca storica, archeologica e di storia delle costruzioni navali ha avuto un apporto considerevole dalla ricerca linguistica e tecnica sulle tradizioni costruttive che hanno conservato, nelle culture materiali orali recenti, criteri e tecniche riconducibili a quelle antiche. Ciò è avvenuto, ad esempio per l' Italia, sul Lario, sul Po, nelle regioni centrali interne o nei cantieri tradizionali delle nostre coste ed ho potuto approfondire questo aspetto della ricerca nell' ambito dell'Atlante Linguistico del Laghi Italiani fondato dal compianto Giovanni Moretti del' Università di Perugia per le acque interne. Per le acque marittime ho contribuito al progetto The evolution of wooden shipbuilding in the Eastern Mediterranean during the 18th and 19th centuries impostato dal 1993 dall' arch. Costas Damianidis (Atene) sotto gli auspici dell' UNESCO, seguito da approfondimenti individuali, soprattutto in Adriatico ed in Sicilia.