I principali banchi e algamenti spugniferi erano presenti in Tripolitania, a Tripoli e a Ferua, Homs e Misurata, e in Cirenaica, nel golfo di Bomba e a sud del golfo della Gran Sirte. Spugne di buona qualità ma limitate si pescavano nelle isole «privilegiate e della penuria» (Kalymnos, Simi, Halki, Kastellorizo) del Dodecaneso, occupate dagli italiani dal 1912, i cui pescatori si spingevano nelle acque africane e, in particolare, della Tripolitania e Cirenaica, conquistate dall’Italia tra settembre 1911 e l’estate del 1913. Banchi di spugne sfruttati erano presenti tra Lampedusa, Pantelleria, Lampione, il mar Jonio, in Dalmazia, mentre erano produttivi nelle vicinanze delle coste tunisine, verso il golfo di Gabes e le secche di Kerkennah. Le spugne del Mediterraneo erano quelle più ricercate, pescate con i sistemi tradizionali (tuffatori o sommozzatori, kamakis o fiocina), con la gangava e, soprattutto, con scafandri e Fernez, più produttivi e pericolosi. Una volta pescate, erano portate ai centri di raccolta e lavorazione (Smirne, Rodi, Kalymnos «l’isola delle spugne», Simi, Halki, Tripoli, Bengasi, Sfax, Malta e Lampedusa), per essere poi esportate sulle principali piazze europee (Parigi, Marsiglia, Vienna, Berlino, Berna e Ginevra), e in particolare a Londra dove primeggiava la casa Vouvalis. Banchi e algamenti erano sempre più sfruttati, per cui si chiedevano rapidi interventi legislativi. La pesca delle spugne, gestita da armatori e capitani, grazie ai sacrifici dei pescatori greci, italiani, ottomani, indigeni, siriani, maltesi e arabi, era una ricchezza da tutelare. L’industria delle spugne era legata agli avvenimenti e cambiamenti dei diversi paesi. Una prima fase fu positiva sino allo scoppio della Grande Guerra, seguita dalla caduta dei prezzi delle spugne, destinati a non risalire più, poi una lenta ripresa e forti perdite tra il 1926 e 1927, ancora un’espansione economica sino agli anni Trenta, seguita da un crollo e da una difficile ripresa nell’ultimo triennio (1937-1939), quando il nuovo conflitto mise in crisi il mondo della pesca delle spugne. L’eccessivo sfruttamento, la concorrenza delle spugne americane e ancor più le sintetiche, la malattia, le vicissitudini politiche e i conflitti armati, allontanarono definitivamente armatori, capitani e pescatori.