Portaerei italiane 1936-1945

Portaerei italiane 1936-1945

Sgarlato Nico


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Oggi si usa parlare di “asset", vocabolo che in molti casi sta soppiantando la dizione, anch'essa di origine anglosassone, di sistema d'arma; si tratta di sinonimi di armamento, sistema per la difesa, mezzo bellico ecc... Quale che sia il nome generico che si vuole attribuire alle portaerei, si deve convenire che questo genere di navi è sempre stato considerato come una tipologia “ricca", giustificabile solo per le grandi potenze marinare. Durante la Seconda Guerra Mondiale, periodo nel quale è stata sviluppata una buona parte del mezzi, delle armi e delle dottrine di impiego che ancora oggi fanno parte della difesa, la disponibilità di portaerei in misura non limitata alle attività addestrative e sperimentali ha riguardato solo tre degli stati in guerra: Giappone, Gran Bretagna e Stati Uniti (con un impiego molto marginale da parte dell'Olanda). Nonostante le loro capacità industriali, la Germania e l'Unione Sovietica non ritennero opportuno investire risorse nelle portaerei. La Kriegsmarine si gingillò per qualche tempo con l'idea di realizzarne alcune, la prima delle quali fu la Graf Zeppelin, ma non arrivò mai ad averne in squadra. L'Unione Sovietica, da parte sua, non pensava di dover devolvere particolari energie alla guerra sui mari e non ne costruì nessuna. La Regia Marina non riuscì ad immettere in servizio delle vere e proprie portaerei e, perciò, parlare di portaerei italiane potrebbe anche apparire fuorviante ma è innegabile che questo genere di navi fu una sorta di "presenza fantasma" , in Italia, per circa mezzo secolo. Una portaerei è una realizzazione con costi di costruzione e d’esercizio elevatissimi, con una serie di tecnologie sulle quali in Italia vi era scarsa esperienza. Inoltre, tutte le attività in fatto di aviazione militare erano monopolio della Regia Aeronautica che, dovendo lottare con le difficoltà legate al proprio equipaggiamento di prima linea, non si sentiva particolarmente disposta a devolvere risorse alle cosiddette "aviazioni ausiliarie"(quelle per il Regio Esercito e la Regia Marina). Va aggiunto che il governo e i vertici delle forze armate in più occasioni fecero rilevare come la penisola italiana si potesse considerare una sorta di "portaerei naturale" e, inoltre, se si escludono esperienze limitate nel tempo, come le operazioni nel Corno d'Africa o l'infausto e tardivo tentativo di prendere parte alla Battaglia d'Inghilterra, le forze armate italiane non avrebbero avuto molte occasioni per impiegare le portaerei. Tuttavia, niente è per sempre e così nel dopoguerra le opinioni sono progressivamente mutate e la Marina Militare è arrivata ad averne in squadra contemporaneamente due, Garibaldi e Cavour.
Autore
Ean / Isbn
977228427033
Pagine
40
Data pubblicazione
20/08/2022