La storia dei porti italiani negli ultimi cento anni è largamente una storia di equivoci e di incomprensioni. Anche quando l'industrializzazione ha trasformato il sistema economico italiano, gli scali marittimi hanno continuato a essere concepiti come strutture fondamentalmente al servizio delle navi anziché della mercé, diventando così in molti casi pozzi senza fine in cui lo Stato ha dovuto investire a fondo perduto, secondo una visione del rapporto costi-benefici tutta risolta in termini politici e sociali. Se a questa sfasatura di base si aggiunge una normativa arcaica e, dall'altra parte, una strenua difesa degli interessi particolari, grandi e piccoli, che si sono creati nel tempo, si avranno di fronte le cause principali di una crisi che ha coinvolto tutti i porti e specialmente quello di Genova. Non è più procrastinabile quindi un'analisi seria delle ragioni per le quali il porto di Genova, pur dotato potenzialmente di tutte le chances per proporsi, nel secondo dopoguerra, come il grande Europorto del Sud, non sia riuscito neppure ad avvicinarsi a tale obiettivo naturale e legittimo. Ma l'analisi sembra tanto più utile mentre è in corso, ormai da tre anni, una vasta azione tendente a ricollocare lo scalo ligure nel contesto dei grandi flussi di traffico mondiale e a ripresentarne la candidatura come terminale mediterraneo di primo piano. Con un saggio appassionato e documentato, Marco Macciò e Gianni Migliorino hanno appunto ripercorso, partendo dagli anni della formazione dell'Italia unita, le vicende di questo porto sul quale equivoci e contraddizioni si sono accumulati e perpetuati. E nonostante la storia del "porto frainteso" possa suscitare spesso sconcerto, rabbia, delusione, l'atteggiamento assunto dai due autori è quello di affrontare la realtà attraverso un "sereno ragionamento". Così alla fine pare inevitabile condividere la convinzione che anima queste pagine: e cioè che la portualità in Italia continui ad essere concepita, in ampia misura, in modo precapitalistico, con tutte le conseguenze che ne discendono, e che ciò probabilmente sia il più grave errore che il nostro Paese abbia commesso in materia di trasporti dall'Unità a oggi.
Data pubblicazione
01/01/1986