Scorrendo i molteplici episodi, positivi e negativi, dolorosi o gioiosi, sembra di leggere un romanzo. Forzando il termine, dato che l'autore è nato nei primi anni Trenta, Salvatore, classe 1935, è uno dei tanti, sfortunati "figli della guerra". Non può parteciparvi, data l'età, ma la subisce quale spettatore incolpevole di un conflitto mondiale che, dal 1939 al 1945, l'Italia era entrata in guerra accanto alla Germania nel giugno 1940, semina solo morte, distruzione, lutti, paure. Basti pensare che le perdite umane saranno ancora più disastrose rispetto alla guerra '15-'18: quaranta milioni di morti tra militari e civili. Nel '45 hanno fine sia il conflitto mondiale che la cruenta guerra civile che ha lacerato il Paese. Sono anni durissimi perché è necessario fare fronte alla situazione di grave dissesto economico e di preoccupante incertezza politica. Si deve porre mano alla ricostruzione. Il cammino di Salvatore, come si evince dalla lettura del testo, è paragonabile a una dura corsa a ostacoli, che quotidianamente deve superare con dedizione e sacrificio. Nella speranza però che, un giorno, la sua chimera possa trasformarsi in realtà: navigare su una nave guardando il mare, la sua più grande passione. Così è stato: il piccolo "mugnaio" di Lacedonia è diventato un ammiraglio.