Da molto tempo la storiografia ha individuato negli ultimi due secoli del II millennio, e segnatamente dal 1150 ca., l'inizio di una fase nuova nella storia del Vicino Oriente antico. Questa svolta, coincidente con la fine del Tardo Bronzo e l'età del Ferro (Ferro I nella prima fase), è determinata dalla confluenza di diversi elementi, parzialmente esito di una vasta crisi economica, oltre che di tensioni accumulatesi nei due secoli precedenti, ma in parte anche effetto di elementi nuovi. Fra questi troviamo, dall'interno, l'aumento del nomadismo e la fuga dai centri più direttamente sottoposti al controllo e allo sfruttamento palatino, come in Khatti e Babilonia. Dall'esterno abbiamo, invece, l'approdo sulla scena vicino-orientale di genti messe in moto da movimenti migratori che avvengono in tutto il Mediterraneo orientale, e provenienti soprattutto dall'area egeo-anatolica. Con il decisivo contributo di queste ultime forze, vengono a ridisegnarsi, quasi completamente e in un tempo relativamente breve, gli scenari politici e sociali che avevano caratterizzato il Vicino Oriente per un lungo periodo. La crisi economica e demografica già diffusa nel Tardo Bronzo mina la stabilità e il ruolo di grandi potenze tra cui l'Egitto e l'Assiria, che ne escono fortemente ridimensionate, e favorisce lo sgretolarsi di altre, come l'Impero ittita, insieme a varie realtà quali i regni di Mittani, Emar e Ugarit. Nascono nuovi stati, di dimensioni e ambizioni più modeste, ed entrano sulla scena della storia, con documentazione epigrafica e archeologica proprie, genti quali Filistei, Aramei, Israeliti e tribù nord-arabiche, la cui affermazione produce un cambiamento significativo nelle prospettive storiche e culturali del Vicino Oriente....
Data pubblicazione
01/05/2018