La pubblicistica può essere considerata tra le attività perseguite con maggiore intensità dalla cultura spezzina. Studi storici, raccolte di saggi di varia economia, testi de Il 'architettura, militari, poetici, narrativi, favolistici, del costume, del folklore, linguistici, artistici, mostrano una vitalità che stupisce in una città per certi aspetti schiva. C'è tuttavia un cammino che gli studiosi esitano a percorrere, ed è la narrazione storica d'insieme, quella che, partendo da quando gli abitanti delle colline decisero di avvicinarsi al mare e di insediarsi sullo sprone del Poggio, giunge ai nostri giorni. Sugli scaffali i libri si moltiplicano, anche quelli che possono venire definiti di storia, ma pochissimi di essi offrono una visione d'insieme. È per questo che la pubblicazione di una storia, succinta ma che sintetizza otto secoli di vita cittadina, si stacca dal nostro costume, più inteso al particolare. Del resto, chi conosce Umberto Burla, sa che è suo costume cercare le motivazioni, le radici, i punti di snodo delle vicende umane. Sa che egli offre questo contributo, avendo bene in mente che v'è chi nega che La Spezia abbia una storia, o al massimo la fa partire dalla fondazione dell’Arsenale. Sa che egli si limita ad otto secoli perché consapevole che tracciare la storia degli almeno 5.000 anni nei quali il nostro territorio ha prodotto civiltà, richiede uno sforzo e competenze che superano le possibilità dello studioso individuale. È per questo che un simile viaggio va salutato con riconoscenza, per le conoscenze specifiche che diffonde sulle vicende vissute dagli abitanti di queste terre; per l'esortazione alle storie cittadine che muove con energia; come lavoro che chiama a gran voce quella Grande Storia di cui abbiamo bisogno per riscattarci dall'oblio dietro il quale spesso amiamo nasconderci. di Spartaco Gamberini
Data pubblicazione
01/07/1999