Nutrito di un’eccezionale cultura, soprattutto classica (i numi tutelari sono il Fedone di Platone, la filosofia greca, Agostino, Dante, ma anche con punti cardinali moderni: Voltaire, Leopardi, Manzoni, Primo Levi, Jaspers, Bauman, Manganelli, Savinio, ecc.), eppure reso leggero da una prosa narrativa estremamente seducente, questo saggio così colto e raffinato di Cristina Mannocchi a un certo punto ci fa dimenticare la sua natura saggistica a favore del puro piacere del testo, della narrazione di una storia. Nel caso specifico, la storia del naufragio (inteso come solenne fallimento o tempesta esistenziale) qui interpretato quale prova suprema che invece di travolgere il naufrago nei suoi flutti lo conduce a una sorta di rinascita o di “rigenerazione”. Non saprei bene a quale genere appartenga questo libro. È un saggio letterario? Certamente lo è. È una storia della letteratura sul filo di un tema filosofico? Anche. È una visita guidata delle umane sciagure di cui la letteratura ci mostra il potere salvifico? Forse. Ma soprattutto è un libro da leggere con un intenso piacere intellettuale, se ci lasciamo naufragare dolcemente nel vasto e insolito spazio culturale che esso apre oltre la spessa siepe delle interpretazioni tradizionali che all’immaginazione e all’intelligenza il guardo esclude.
Data pubblicazione
01/11/2012