Domenica, 7 novembre 1915, largo di Capo Carbonara, Tirreno meridionale. Il sommergibile tedesco U38 affonda il transatlantico Ancona diretto a New York con a bordo 496 persone e un carico segreto: dodici casse di sovrane d'oro per un controvalore di 50 milioni di euro, dirette alla Zecca di New York. Tra le 159 vittime, un funzionario del ministero dell'Agricoltura, che accompagna il tesoro con cui l'Italia "avrebbe" pagato la partecipazione all'Expo di San Francisco. Ma le cancellerie di Washington e Roma conoscono la verità: le 133mila monete sono la quinta tranche di un colossale contrabbando di cavalli e materiale bellico che il nostro paese ha acquistato per sé e, forse, per "girarlo" in parte alla Francia. Il capitano dell'Ancona non comunicò mai il punto nave dell'affondamento e per settant'anni il relitto è rimasto indisturbato sul fondo del mare. È stato ritrovato solo nel 1985, da una ditta francese, in buone condizioni e integro, alla profondità di 471 metri. Da quel momento è cominciata un'avvincente sfida tecnica e legale per tentare di impadronirsi del tesoro dell'Ancona, con il coinvolgimento di ministeri degli Esteri e tribunali. Gli autori dipanano la matassa dopo una lunga ricerca documentaria e grazie alla testimonianza diretta del più grande cacciatore di tesori del dopoguerra. Ma l'Ancona e i suoi morti ancora non trovano pace. I predoni del mare ci stanno riprovando.
Data pubblicazione
01/04/2013