A partire dalla seconda metà del Seicento, il progressivo indebolimento del papato sul piano internazionale impose una razionalizzazione della spesa statale: una spending review che spostò rapidamente gli interessi del governo pontificio da Roma alle province, dando presto vita a un efficiente sistema di movimentazione delle merci. Durante tale periodo, diverse realtà intrapresero azioni di modernizzazione delle proprie infrastrutture e a distinguersi furono soprattutto le comunità adriatiche, che avviarono numerose opere ad usum publicum preziose per il rilancio dei commerci. In tal senso, la rifondazione del porto di Fano fra il XVII e il XVIII secolo rappresenta un interessante caso di studio. Infatti, attraverso una costante azione di rinnovamento – basata su un serrato confronto fra istituzioni romane e locali – l’amministrazione fanese tentò nel corso del Settecento di trasformare lo scalo marchigiano in un centro “nodale” per gli scambi e “strategico” per le comunicazioni. Famosi ingegneri e architetti, come Cornelio Meyer, Eustachio Manfredi, Pietro Paolo Gabus, Romualdo Valeriani, Antonio Felice Facci, Gian Francesco Buonamici, Carlo Marchionni, Carlo Murena, Virginio Bracci, Sante Vichi, assieme ad altri specialisti, svolsero un ruolo centrale nel dirigere il cantiere, modulando i loro progetti sulla base di criteri funzionali, immagine della modernità.
Data pubblicazione
04/11/2008