Un'isola dalle parti di Capo Nord nella Norvegia degli anni Cinquanta. Tora, come l'autrice, vive l'adolescenza in un paese su cui grava ancora l'ombra della guerra e dell'occupazione tedesca. Nata dall'amore di una donna norvegese e di un ufficiale nemico, conosce, nell'ambiente chiuso e ristretto del villaggio di pescatori, la miseria e la solitudine di chi, fin dalla nascita, è bollato dal marchio della diversità. "La figlia del tedesco" sa di appartenere alla razza dei capri espiatori, di quelli che tutti si sentono in diritto di offendere e violentare, perché non sono di nessuno. Ma, opponendosi a un fatalismo incombente, Tora non si arrende. Se la fantasia e i sogni sono il primo passo per sopravvivere, alla fuga dalla realtà si affianca a poco a poco l'identificazione con gli altri perseguitati, gli abbandonati, gli sbagliati, con tutti quelli "che sono già condannati prima ancora di aver commesso il delitto", e la scoperta che la solidarietà, l'amicizia e l'amore sono comunque duri a morire. Un libro vero che tratti di persone vere non sarà mai nient'altro che atroce, dice a un certo punto Torz. Ma nella Veranda cieca come nel mondo della protagonista, "la poesia è in agguato nei dettagli": nel gocciolare di una grondaia in primavera, nel profumo del pane, in una gita in barca lontano dall'isola, nel remare contro l'onda lunga dell'oceano, nel riso di zia Rakel, nei colloqui con l'amico sordomuto. Al silenzio che paralizza i rapporti umani, agli istinti distruttivi e negativi che pulsano nel singolo come nella società, è sempre contrapposta l'insopprimibile positività della forza vitale incarnata, in primo luogo, dalle donne.
Data pubblicazione
01/01/1999