Tracciare una mappa delle vie mediterranee del corallo significa in primo luogo rendersi conto dei tempi del Mare Interno e della permanenza delle sue strutture, della longue durée braudeliana. Luoghi di raccolta, centri di lavorazione e commercializzazione, vie di scambio finiscono in una lunga corsa di secoli, mentre uomini, popoli ed egemonie vi si avvicendano. Lo schema generale di Braudel per il Mediterraneo – struttura, congiuntura, crisi – è ancora utile, ma come ogni schema è, in realtà, di puro riferimento. La storia medioevale della pesca del corallo fa i conti con la volontà del potere pubblico di riservarsi le entrate fiscali del prodotto, comminando bandi e concedendo privative. Il commercio è condizionato dalle iniziative economiche (societas ad corallandum), dalle tecniche nautiche e dallo sfruttamento ed esaurimento dei banchi corallini. Registriamo una corrente che dalle coste del Mediterraneo irradia il corallo verso il Nord europeo e, per tutto il Medioevo, verso il Vicino Oriente, con speciale attenzione al Maghreb, fonte di approvvigionamento e mercato del lavorato. La cultura gallo-celtica ha un ruolo determinante nelle vie del corallo in funzione di vettore verso l’interno dell’Europa. L’Italia, asse del Mediterraneo medioevale, è il polo principale d’esportazione, dove le funzioni traenti sono svolte dalla Sicilia e dal Napoletano, in un continuum spazio-temporale giunto fino ai nostri giorni. Dopo la pesca, il trasporto. Dopo la lavorazione, il commercio.
Data pubblicazione
01/11/2010