Il libro può essere considerato un viaggio appassionato nella tradizione italiana più direttamente permeata di cultura mediterranea. Di quella cultura che ha generato la dieta ormai da trent`anni presa ad esempio da molti dietisti mondiali per il suo basso livello di grassi saturi e di colesterolo, alti livelli di carboidrati complessi e fibre e che utilizza l`olio d`oliva come maggiore sorgente di lipidi. Dieta che ancora oggi è ritenuta l`unica in grado di difenderci dalle malattie tipiche della "civilizzazione".E chiaro, tuttavia, che l`argomento non può essere esaurito in così poche pagine; qui si è voluto soltanto mettere in rilievo gli aspetti più significativi della cucina di quella parte d`Italia costituita dalle regioni Campania, Puglia, Lucania, Calabria e Sicilia, quelle che grosso modo corrispondono al territorio degli antichi regni di Napoli e di Sicilia poi diventati regno delle Due Sicilie sotto Alfonso d`Aragona.Su queste regioni sono passati tanti dominatori: i Greci, i Romani, i Bizantini, i Longobardi, i Normanni, gli Angioini, gli Aragonesi, i Borboni e ... i Savoia. Dal punto di vista delle abitudini alimentari, tutti lasciarono qualcosa della loro cultura e questo qualcosa entrò nel patrimonio delle popolazioni sottomesse. I Greci lasciarono l`uso delle olive verdi, quello della ricotta, del miele e del vino; dei Romani sono rimaste la purea di fave, le seppie ripiene, le cipolle al forno; i Bizantini lasciarono l`uso delle spezie d`Oriente; gli Arabi, oltre a portare le tecniche della pasta secca, introdussero la coltura della canna da zucchero e con la neve dell`Etna e la frutta siciliana inventarono i sorbetti, l`uso dell`anice e portarono nuove spezie come la cannella e lo zafferano; lasciarono, gli Arabi, il cuscus; i Normanni oltre a costruire grandi opere d`arte, portarono le aringhe affumicate ed il baccalà bagnato nel latte; con Spagnoli e Francesi si affermò la doppia cultura gastronomica dei ricchi e dei poveri.
Data pubblicazione
01/11/2000