Il patrimonio gastronomico dell’Elba ha origini miste; anche saraceni e spagnoli, insieme a tanti altri navigatori, hanno lasciato il loro segno. Povera e parca, perfino nelle pietanze più elaborate, la cucina dell’Elba presenta differenze e varianti da zona a zona, con piatti attribuiti più a un paese che all’altro, come il cavolo nero con l’acciugata di Portoferraio o la zuppa di uova, patate e cipolle di Capoliveri, il corollo della zona del Monte Capanne (parte occidentale dell’isola) o le sardine ripiene di Marciana. La grande disponibilità di pesci fa dei piatti di mare le proposte prevalenti e più ricercate dai visitatori. Le scelte possibili sono tante: dalle saporite pastasciutte di mare, ai mille modi di cucinare i crostacei, alle fritture di totani e seppie, alla minestra di pesci, alla zuppa di favolli, al cacciucco ereditato dalla vicina Livorno ma realizzato con qualche variante, molto apprezzato da Napoleone durante il suo soggiorno elbano. Senza tralasciare il classico baccalà, pesce molto presente sulle tavole del passato, che in virtù della sua possibilità di essere facilmente conservato rappresenta, nella storia gastronomica dell’intera Toscana, un punto fermo della tradizione culinaria. Valide proposte anche nei piatti a base di verdure con le zuppe di legumi e ortaggi ed altre preparazioni provenienti dai prodotti della terra. Non meno importanti i dolci, tipici delle grandi feste e delle ricorrenze patronali. Le ricette che seguono, rappresentano soltanto un piccolo viaggio itinerante dentro i piatti più rappresentativi dell’Isola, attraverso i quali l’Elba si identifica, soprattutto nei ricordi degli abitanti più anziani. Sempre più difficili da trovare, cucinati come una volta. Patrimoni culturali propri delle generazioni passate, che si stanno perdendo, nella fretta quotidiana, nel tempo che manca per cucinare. Una ricchezza di profumi e sapori, avuta in dono, da mantenere e coltivare, per evitare che vada persa definitivamente.
Data pubblicazione
01/01/1999