Uno degli aspetti più inquietanti dell'attuale crisi ecologica del pianeta è lo stato di sofferenza sia delle risorse biologiche degli oceani sia delle acque che le ospitano. Il mare infinito - e un tempo grandioso nella sua prodigalità - ha bisogno di cure ormai indifferibili. La comunità internazionale appare ben consapevole dell'urgenza del problema, ma, per le sue dimensioni, la possibilità di affrontarlo con successo dipende da un meccanismo cooperativo del quale sono (fin troppo) note le difficoltà. Interrogarsi sulle prospettive dell'azione collettiva per l'ambiente, concentrandosi su casi-studio "marini", è il tema di questo lavoro. L'anarchia internazionale rende davvero gli stati egoisti e reciprocamente sospettosi delle altrui intenzioni al punto da minare qualsiasi progetto cooperativo alla base? O sono forse le caratteristiche proprie della cooperazione per l'ambiente a spiegarne i fallimenti? Il numero degli attori da coinvolgere è spesso elevato ed il fatto che i compagni di viaggio siano in molti casi imposti dalla geografia costringe a fare i conti con differenze politiche, culturali e di sviluppo economico anche profonde. La comunità internazionale è dunque impotente? In realtà cooperare si può : nessuno degli ostacoli esaminati appare infatti insormontabile. Il vero problema è che soltanto un'ottica di lungo periodo - che tenga conto dei diritti delle generazioni future - può rendere sopportabili a governi (ed elettori) i costi che la tutela dell'ambiente comporta. Ma anche l'elaborazione degli orizzonti temporali risente della vita "in società" degli stati. Cooperare serve anche a questo, a sviluppare la percezione di una comunità di destino che travalica i confini tradizionali.
Data pubblicazione
01/01/1998