Ho scritto queste note frettolosamente, in India, venticinque anni fa. È passato un quarto di secolo: soltanto ora rileggo per la prima volta le mie pagine d'allora. Frattanto il tempo, come per tutti, ha operato anche sul mio animo e sui miei ricordi; i calori si sono sbiaditi, le passioni raffreddate. I pericoli corsi allora mi appaiono paurosamente ingigantiti, le sofferenze sono quasi dimenticate, mentre permane ben vivo un fondo di nostalgico rimpianto per quelle ore avventurose. Ho riletto le mie traversie d'allora come se si trattasse di una romanzesca vicenda occorsa ad altri; più mi inoltravo nella lettura, più mi sembrava impossibile di averla realmente vissuta. Forse il logorio del tempo potrà essere avvertito anche dal comune lettore: spero però che anche con questo difetto e tutte le altre limitazioni il racconto, vicino alla realtà sino al puntiglio, possa egualmente interessare il lettore soprattutto per il suo unico pregio: quello di essere stato scritto sul posto, immediatamente trascrivendo i fatti nelle parole. Mi sembra che in esso si possa avvertire l'assenza di ogni velleità letteraria a favore della spontanea genuinità del racconto. Purtroppo, per non mescolare le vicende indiane con altre, ho dovuto quasi totalmente sacrificare la storia dei «maiali» e delle loro azioni di guerra che però ho potuto recentemente narrare in altro volume. Tuttavia, e ciò è importante per il confuso periodo che stiamo attraversando, mi sembra che l'insieme riporti abbastanza bene lo spirito degli uomini che allora avevano trent'anni, la chiarezza dei loro ideali e, più di tutto, la tenacia nel sostenerli, nell'affrontare, per essi, pericoli e sofferenze d'ogni genere. Se dopo molti anni vedo con piacere questo mio racconto andare in mezzo a tanti, è proprio nella speranza che esso possa indicare ai più giovani nella coerenza, nella costanza e più ancora nella tenacia le virtù che più spesso servono per vincere le avversità della vita.
Data pubblicazione
01/09/2014