Era ormai ventenne, Marco Polo, quando si ritrovò alle propaggini occidentali della Grande Muraglia. «Il ciclopico bastione non impressionava, non poteva sconcertare chi s'era sobbarcato migliaia di chilometri di marcia fra picchi selvaggi e deserti cocenti. Più che un muraglione semidecadente incuriosivano gli empori, i commerci, le mercanzie, le modalità per procurarsene e gli itinerari per rifornirsene. Interessavano i falconi, i cammelli, i boschi di pino, la meravigliosa lana bianca che si filava dal soffice sottopelo dello yak, i tessuti dorati, le stoffe pregiate, le miniere argentifere, e quegli individui dalla barba rada, dai capelli corvini e dal naso piccolo, e le belle donne dalle carni lucenti. Era il Levante, che si annunciava prepotente. Era il Catai. Avevano pazientato, i Polo, aspettando un cenno del gran khan che li chiamasse a coprire l'ultimo pezzo di strada. Una staffetta, incaricata da Kubilai, già galoppava per andarli a prendere». È un mondo che cambia, quello tra Duecento e Trecento. Oriente e Occidente si avvicinano, i commerci fanno esplodere gli orizzonti. Si viaggia, si osserva, si torna a casa con fantastici racconti. Di questa realtà in trasformazione Marco Polo seppe diventare l'eroe nuovo, il cronista, il pioniere.
Data pubblicazione
04/11/2018