Far mangiare li pesce, una scommessa. Oggi cisi può chiedere perché una scommessa, ma quando Sante arrivò a Firenze qua il pesce proverbialmente puzzava. Scadevano gli anni Cinquanta e Santi Collesano, proprio Santi. Ma i fiorentini L’ hanno ribattezzato Sante e non c’è stato più modo di tornare in dietro, arrivava dalla Sicilia, via Londra e Forte dei Marmi, portandosi appresso pochi soldi e un bagaglio di suggestioni mediterranee. Perché Sante, basta vederlo e parlarci, pare racchiudere in sé tutte le cose che il croato Predrag Matvejevic ha messo nel suo ancor recente Mediterraneo, affascinante breviario nel quale si confondono miti omerici e profumo di rosmarino, gestualità e usi marinari, il fico e l'olivo, etnie e brusii di lingue, i pescatori e le scorrerie saracene, il sole e la fatica, gli odori dei porti e la magnificenza dei templi greci e romani. In Sante c’è un po' di tutto ciò, e con lui si fraternizza subito. Forse perché è fatto così, Sante è riuscito a convincere i fiorentini che il pesce possibile non è solo - com'era quando lui arrivò in città- un po’ di palombo che non ha spine e la sogliola per il bambino. O magari, per gli avventurosi che allora arrivavano alla costa toscana, il cacciucco di Livorno. Va peraltro detto che l'hanno aiutato i tempi, benessere e viaggi, chi non ha imparato a mangiare la coda di rospo sulla costa romagnola?, ma lui ci ha messo molto di suo. Il pesce, sì, è roba per palati sofisticati. Chi scrive se n’è reso conto tardi, per via della mamma di Chioggia che il pesce, qualsiasi tipo di pesce lei riuscisse a trovare al vecchio mercato fiorentino di San Lorenzo, lo metteva in tavola almeno un paio di volte al settimana. È stato per me insomma cibo usuale dell'infanzia. Ma con l'età e l'affinarsi del gusto ha assunto tutt'altra considerazione, e andare da Sante oggi è quasi un rito epicureo. Il mio incontro con lui risale ai primi tempi della sua avventura fiorentina. Era mezz’agosto, a sera, e. di ritorno dalla Versilia mi fermai poco fuori dell’autostrada, nella periferia nord di Firenze. L'ora di cena era già passata. Capitai per caso in un locale disadorno di via del Barco, tavoli e sedie impagliate e poco altro. Ma i profumi erano buoni, e il rombo all’isolana, chi prima d’allora a Firenze l’aveva mai visto, il rombo?, era ancora migliore. Da quella sera ho seguito Sante nei suoi spostamenti, allo Zodiaco in via delle Casine e poi ala Capannina, sul'Arno, dove tuttora vado a trovarlo anche se ho già mangiato, a tirar tardi davanti a un bicchiere di uno dei suoi ottimi bianchi, a proposito, il siciliano Sante non tiene vini siciliani, non li considera adatti alla sua cucina. Vinta la scommessa e fatto diventare il pesce una prelibatezza anche tra i fiorentini, Sante vuol andare oltre e abbattere i pregiudizi residui: che il pesce costa troppo, che può non essere fresco, che è tanto difficile da preparare. Beh, sfogliate questo Mare in tavola, è il suo secondo libro, e ogni sopravvivente riserva cadrà. Perché in queste pagine l'oste Sante, raffinato chef, altroché, ma lui ha il vezzo di definirsi oste, spiega molto bene le regole elementari per riconoscere la freschezza del prodotto, dà un taglio ai prezzi illustrando i pregi straordinari del pesce azzurro e di altri pesci squisiti quanto accessibili, e soprattutto mette in fila le sue ricette, sono ben 150: può apparire incredibile, ma un piatto alla Sante - specie con l'aiuto del pesciaiolo che prepara il necessario già pulito risulterà facile facile. Prefazione di Toni Capitanio.