Alle 22,30 precise del 28 marzo 1941 la I Divisione navale italiana che navigava a Nord dell'isola di Creta venne fulminata in soli tre minuti da unità della marina britannica. Per le singole circostanze in cui si verificò il fatto è questo un episodio doloroso ma non vergognoso per la marina italiana. Questo non è un romanzo né una lieta lettura. Cinquemila marinai finirono in acqua e solo pochi di essi si salvarono. Per la ricostruzione degli avvenimenti con documenti messi a disposizione, io credo per la prima volta, dal Ministero della Marina, potrebbe sembrare una storia di guerra e non lo è; almeno fino a un certo punto. Infatti sin dall'inizio del lavoro ho pensato ad un particolare tipo d'inchiesta capace concedere il meno possibile alla fantasia è principalmente legata ad un personaggio: ho cercato di essere il più equilibrato possibile e se qualche punto, pochi spero, questa dote mi è venuta a mancare la colpa è soltanto mia. Debbo anche dire di aver messo la massima cura nel riportare documenti, relazioni, rapporti, agli istruttori che cortesemente mi sono stati dati in visione dall'Ufficio Storico e dal Ministero. È naturale che in una tale tragedia dovette necessariamente verificarsi atti di generosità ed atti di egoismo, iniziative che furono premiate ed altre biasimate. Ma il lato più affascinante di tutta la vicenda era quello di cercare di capire se un atto di eroismo ieri come oggi può esse affermato attraverso una graduale scala di valore. Cinque navi andarono a fondo e qualche anno dopo la fine della guerra ci si volle veder chiaro. Dell'inchiesta, dell'istruttoria militare che segui (CIS) ognuno oggi è libero di dare proprio giudizio.