In una scialuppa alla deriva nel Pacifico, tre marinai americani tirano a sorte. Il corpo di uno di loro servirà a nutrire gli altri due. Si comincia dal cuore e dal fegato, come nel rito dell'orda primitiva. Altri hanno già subito lo stesso destino: erano quasi tutti negri. La nave è affondata: ci sono, forse, responsabilità e inadempienze. Ma la legge degli uomini assolverà i cannibali, "per aver commesso il fatto in stato di necessità". È accaduto nel 1820. Strillato sulle prime pagine dei giornali, tramandato di porto in porto, entrato (quasi ad esorcismo) nell'affabulazione marinaresca e "d'avventura", il naufragio dell'Esse* arriva fino a noi dai documenti originali: quasi allegoria, o cattiva coscienza, della giovane storia d'America -embrione mostruoso di una nuova morale: "in nome della necessità, divora il tuo simile". Herman Melville ne rimane impressionato: l'eco dell'episodio è in molti suoi romanzi. Da quell'osceno bubbone microstorico, che racchiudeva in sé il vuoto senza ritorno del naufragio e l'abisso violento del tutti contro tutti, da quel "fiero pasto" al di là del principio di giustizia, nascono, insieme alla nuova morale, grovigli di temi per la nuova letteratura.
Data pubblicazione
12/06/2017