L'ex direttore del carcere di Gorgona racconta la sfida difficile ma possibile di recuperare i detenuti attraverso il lavoro, dando loro un futuro fuori dal carcere. Gorgona, l'isola più piccola e più verde dell'Arcipelago toscano, per molti anni è stata lo scenario naturale di un'esperienza carceraria unica, che ha reso i detenuti protagonisti con il lavoro e la possibilità di un reinserimento effettivo, in un contesto di 'libertà' e nel rispetto della Costituzione. In quei due chilometri quadrati a diciotto miglia marine dalla costa, il direttore Carlo Mazzerbo è riuscito ad applicare l’articolo 27: "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". Dettato disatteso in molti istituti di pena, nonostante le sentenze della Corte di Strasburgo e le ripetute denunce del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Mazzerbo racconta come sia riuscito a far rompere ai detenuti l'emarginazione con la pesca, l'acquacoltura, l'agricoltura e l'allevamento, favorendo attività economiche e legami impensabili. Poliziotti e reclusi hanno studiato insieme per la licenza media, hanno formato una band musicale e un armo di canottaggio. Una vicenda di successi esaltanti, ma anche di cocenti sconfitte, culminate in due delitti che hanno portato al ridimensionamento il 'laboratorio Gorgona'.
Data pubblicazione
01/09/2013