Quando mi ha contattata Sergio per illustrarmi il suo progetto letterario ho provato subito un senso di ammirazione e deferenza per l'opera che stava facendo, perché si trattava di un lavoro volto alla conoscenza di figure professionali e anche di uomini dalla caratterialità oramai perduta. Mio padre era uno di quegli uomini, che dell'onestà e volontà aveva fatto dei principi irremovibili. Un uomo che per buona parte della sua vita ha lavorato in mare, un elemento che lui amava moltissimo e del quale aveva anche timore e profondo rispetto. Quando si parla di palombari mi viene in mente una descrizione di Falco Quilici che così li presenta: " ... Avventure e tragedie, successi e fallimenti, sfida al mare, coraggio, tenacia. E soprattutto impegno in tanto, tanto lavoro: faticoso, difficile, pericoloso sino ad essere troppo spesso tragicamente mortale." Parole vere per uomini veri. Il palombaro è stato sempre un mestiere molto duro, rischioso e poco diffuso. Negli anni ottanta, poi con l'avvento di nuove tecnologie evolutive d'immersione, il palombaro andò a sparire e il pesante scafandro e la muta robotica appartengono oramai alla storia. Ricordi di un mestiere che hanno lasciato il segno nella mia infanzia, ma anche nella storia della nostra città portuale e per questo sento di ringraziare profondamente Sergio Anelli per il lavoro di ricerca svolto alla realizzazione di questo volume che riporta alla memoria dei Civitavecchiesi, quello spaccato di vita lavorativa legata al mare, popolata di palombari, subacquei e mastri d'ascia che ritroviamo e riscopriamo ancora vivi nelle loro imprese e maestrie nelle pagine di questo libro. dalla presentazione di Ombretta Del Monte