Un rilevante strumento per conoscere la storia del diritto della navigazione, oltre che per l'approfondimento di alcuni settori della civiltà amalfitana e mediterranea del tardo Medioevo. Ad Amalfi va l'indiscusso merito di aver redatto il più antico statuto marittimo, la Tabula Amalphitana, nota anche come Tabula Amalphe, Tabula de Amalphi oppure Tabula Prothontina - il cui nome più compiutamente sarebbe Capitula et Ordinationes curiae maritimae nobilis civitatis Amalphe - che ha costituito un vero e proprio punto di riferimento per tutta la marineria del Mediterraneo fino al '500. Il codice originale, purtroppo, è andato perso, ma delle numerose copie coeve su carta a mano eseguite per le varie famiglie aristocratiche del luogo, una, poi appartenuta al doge veneziano Marco Foscarini, finì in Austria, dove venne acquistata nel 1929 dal governo italiano, che la donò alla città di Amalfi. Si tratta di un testo composto di 66 capitoli, parte dei quali scritti in latino medievale e parte in volgare; la sezione in latino, molto più antica dell'altra, risale secondo il Camera al X secolo, mentre per quella in volgare è possibile ipotizzare una datazione risalente al XIII secolo. Nella Tabula vengono delineati i diritti e i doveri dell'equipaggio di una imbarcazione, dal capitano all'ultimo dei marinai e a volte le decisioni hanno carattere sorprendentemente collegiale: ad esempio era tutto l'equipaggio, e non il solo capitano, a decidere se disfarsi del carico in caso di tempesta. La Tabula sancisce il diritto all'assistenza dei marinai feriti o ammalati; descrive il comportamento da tenere in situazioni di emergenza, come l'assalto dei pirati; definisce le condizioni del nolo e le percentuali da corrispondere all'armatore, le modalità di partecipazione agli utili dell'attività marinara e l'indennizzo delle assicurazioni. Ad esempio, gli utili derivanti dalla vendita del pescato venivano ripartiti in tre parti uguali: una spettava al proprietario della barca, una seconda al capo-pescatore e l'ultima andava ripartita tra tutto il resto dell'equipaggio. L'equilibrio delle norme contenute nella Tabula è tale che Amalfi divenne sempre più nota per "la buona fede, la lealtà nelle contrattazioni marittime [...] per i rari fallimenti, per le rarissime frodi e baratterie". Nel 1965, dopo un lungo e accurato lavoro, una equipe di studiosi cura la riedizione della Tabula; tra questi Leopoldo Cassese per la revisione critica, l'annotazione e le appendici, e poi nei diversi settori di loro competenza Vincenzo Giuffrè, Enrico D'Auria, Giuseppina Mengano, Claudio Memoli, Matteo Nobile, Giuseppina Pessolano, Giuliana Scardaccione e Antonio Guarino. La Tavola aveva avuto due precedenti edizioni, entrambe napoletane nel 1844: l'una a cura di Carlo Troya, Salvatore e Luigi Volpicella, l'altra dovuta a Gar, scopritore del manoscritto foscariniano ceduto dall'Austria all'Italia nel 1929, ed oggi custodito nell'archivio del comune d'Amalfi. Il documento è certamente una tarda trascrizione erudita; la stessa intestazione del Codice foscariniano segnala infatti che la denominazione Tabula de Amalpha è puramente di comodo.
Data pubblicazione
01/06/1965