Si può definire l'andare a vela come la poesia del mare, così si esprimeva un capitano del XIX secolo, Arthur Clark. Navigatore di professione, era anche membro del New York Yacht Club e non perdeva mai l'occasione di stare al timone di uno yacht solo per diletto . "Nessun altro sport o passatempo ha mai suscitato ricordi altrettanto gloriosi né imprese altrettanto temerarie." Il fascino di questo sport, proprio come quello della poesia, sfugge a un'analisi precisa. Fatto di emozioni suscitate dal piacere della velocità e del rischio, nasce dal desiderio di affermarsi sui rivali e sul mare, dall'esigenza di dover calcolare rapidamente e di dover prendere decisioni immediate formando un tutto armonico costituito dal timoniere, dall'equipaggio e dallo yacht. Le emozioni più grandi sono forse quelle riservate al timoniere, che sente "vibrare i nervi della barca" sotto la propria mano, come sosteneva uno skipper, "si che lo yacht diventa un qualcosa di vivo ". Ma anche per gli spettatori le emozioni non mancano e lo testimoniano le grandi folle che seguono le regate in tutto il mondo. Scrivendo sull'avvenimento del 1851 che portò all'istituzione della coppa America, il Times di Londra affermava: “Bastimenti a vapore, barche di tutti i generi e yacht di ogni dimensione gremivano i lati del percorso per miglia e miglia: uno spettacolo che perfino I'Adriatico, nel tempo glorioso di Venezia, non ha mai offerto". Un tale entusiasmo, lungi dall'attenuarsi come molte altre mode vittoriane, e andato sempre crescendo, soprattutto a Cowes, il paesino sull'isola di Wight dove. dal 1826, si svolge ogni estate la più prestigiosa regata del mondo. Nell'agosto del 1975, durante la settimana di Cowes, più di 4000 regatanti in rappresentanza di 19 nazioni si affrontarono su 650 yacht. I velieri in questa fotografia e nelle riproduzioni delle pagine seguenti rivelano come it fascino della corsa suI mare abbia veramente fatto si che le regate rappresentino I'ultima gloriosa eta della vela.