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Gin Racheli a Marèttimo nel 1998 |
La
Nuova Settimana delle Egadi, il convegno che si è tenuto a Favignana lo scorso mese, è stato anche l’occasione per ricordare dei
personaggi mitici che hanno lasciato il loro segno alle Egadi come Zu Sarino e Ignazio Buttitta. In particolare in apertura dei lavori è stata ricordata una grande scrittrice, Gin Racheli, che ci ha lasciati più di dieci anni fa. Gin è autrice della famosa collana
Andar per Isole, una serie di volumi dedicati alle isole italiane alle quali aveva dedicato gran parte della sua vita da studiosa, con certosina pazienza ed infinita curiosità per tutti gli aspetti del luoghi che visitava. Le sue sono opere uniche, pietre miliari nella descrizioni del mondo delle isole, a cui poi rimaneva legata, come testimoniato dal suo girovagare da Pantelleria alle Eolie e alle Egadi, dall’Arcipelago Toscano a quello della Maddalena e del Sulcis.
Gin era persona garbata come poche, intellettualmente vivace, disponibilissima al dialogo e dalla cordiale, erudita conversazione, aveva uno sconfinato amore per la natura, l’ambiente, il mare e le Isole. Senza dimenticare che è stata anche autorevole dirigente di Italia Nostra, e ha fondato la Commissione Isole Minori Italiane.
La sua frequentazione con l’Arcipelago delle Egadi è testimoniato dal libro, ancora oggi attualissimo,
Egadi mare e vita, e che si può ancora trovare, come anche tutti quelli che compongono la collana, presso la
Libreria il Mare. È nel suo ricordo che le dedichiamo questo “post” con le testimonianze di chi l’ha conosciuta durante le sue ‘visite” alle Egadi. La prima è di Vito Vaccaro animatore dell’Associazione C.S.R.T. “Marèttimo” il sodalizio che opera a Marèttimo e nell’intero arcipelago delle Egadi nella realizzazione di iniziative e progetti per lo sviluppo dell’isola, il rafforzamento del tessuto sociale, il mantenimento e la promozione della sua cultura e della sua identità storica. L’Associazione gestisce il Museo del Mare delle Attività e Tradizioni Marinare e dell’Emigrazione di Marèttimo, luogo fisico della memoria storica dell’isola. La seconda è quella di Giulia D’Angelo anche lei assidua frequentatrice di quelle isole.
Il ricordo di Gin Racheli di Vito Vaccaro, da Marèttimo
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Gin Racheli a Marèttimo, 1998 |
Nel 1998 l’Associazione CSRT “Marettimo” celebrava il suo decimo anniversario con una serie d’incontri sul mondo marino e montano e sull’emigrazione. Per noi allora fu un grande onore avere come ospite la scrittrice Gin Racheli che conoscevamo per il suo preziosissimo e validissimo libro Egadi Mare e Vita (edizione Mursia, 1979) che rimane una pietra miliare su tutti gli scritti dedicati al nostro arcipelago. Gin Racheli, da noi contatta telefonicamente qualche mese prima, fu ben felice di partecipare al convegno organizzato a Marettimo e ritornava alle Egadi dopo l’ultima sua partecipazione ad un’edizione delle Settimana delle Egadi dove fu duramente contestata da alcuni isolani. Anche noi allora contestammo la Settimana delle Egadi, ma solamente per il poco coinvolgimento di Marettimo. A distanza di 25 anni bisogna ammettere che allora non capimmo bene quali potenzialità poteva rappresentare per l’arcipelago l’iniziativa creata dall’ Ente Provinciale per il Turismo di Trapani e soprattutto che Gin Racheli era dalla parte degli isolani. Mentre gli altri convegnisti parlavano maggiormente di protezioni generali per le Egadi, Gin Racheli metteva in guardia sulle troppe protezioni, spesso sterili, che non avrebbero portato – senza il coinvolgimento della gente del posto – a nulla di costruttivo. Oggi le parole della scrittrice, scomparsa più di dieci anni fa, dovrebbero essere prese ad esempio da chi ci governa e cercare soprattutto di metterle in pratica il più possibile. Parlava, già allora, di Scuola e Centrali di Recupero del Mare, sempre con l’obiettivo di mantenere vive queste isole e soprattutto rendere partecipi e protagonisti gli isolani.
Così scriveva e così l’abbiamo ricordata sul Giornale delle Egadi nel febbraio del 2002 :
“Chissà cos’è successo a questo povero paese che tra i tanti patrimoni s’è perduto anche il mare! Anzi, il mare prima degli altri: già quando, agli albori della ricostruzione post bellica, ci si lasciò tentare, sedurre e comprare dalla dottrina dell’industrializzazione prima e del turismo subito dopo, come panacea di tutti i mali. Due inique scelte a senso unico, radicate in una visione solo economicistica e materialistica del vivere, con il denaro eretto a soggetto anziché ad oggetto, a simbolo della quantità; la qualità (e ce n’è ancora tanta in questo Paese nonostante la guerra) fu messa, lei, sul mercato come merce, come oggetto di speculazione. Il mare, in quanto serbatoio apparentemente inesauribile di qualità e di diversità, fu subito adocchiato per una golosa predazione sistematica. Ma non accadde soltanto questo. A monte delle scelte sbagliate, già c’era l’avere rinnegato la cultura nostra, mediterranea, per quella d’oltre atlantico. E forse la cultura nostra era comunque morta, in guerra. Le guerre non si dovrebbero fare non soltanto per i milioni di morti, ma per quell’unico morto che è la cultura dei popoli. La violenza è l’anticultura per eccellenza…” (Gin Racheli – Isole ed Insularità futura , 1996).
Scriveva anche nel marzo del 1998 su Il Giornale delle Egadi:
“Festeggiare il decennale dell’Associazione CSRT “Marettimo” con un convegno d’ incontro con “quelli di Monterey”, è il meglio che potevate fare, amici cari! In realtà mettete a confronto voi con voi stessi: le radici della vostra piccola patria comune con la meravigliosa fioritura della sua grande chioma transmarina.
E allora si può davvero parlare tra “gente di mare” e anche dare un contributo di urgente chiarificazione e di palese testimonianza ai pensieri così confusi di chi qui da noi dovrebbe governare il mare e non conosce la storia, la tempra e il valore imprenditivo di chi già da secoli in mare vive, agisce, tesse le trame delle rotte internazionali, crea le ricchezze, coltiva le risorse.
Partendo dal dialogare affettuoso tra i Marettimari che restano e quelli che varcano l’oceano come uccelli delle tempeste e poi navigano su su fino all’Alaska e poi vivono disinvoltamente a Monterey, per tornare infine ad adorare quel loro scoglio benedetto più importante di tutto , partendo da questo dialogo tribale – dicevo – mi sarà più facile, spero, parlare della mia ultradecennale idea di fare delle nostre Isole Minori le “Centrali di Recupero del Mare” , nutrendo la speranza di aprire le menti dei governanti alla comprensione del gran tesoro che già abbiamo, e al riconoscimento della priorità della “Civiltà del Mare” operante, sulla astratta politica dei decreti. “Riserve quali prospettive”? è uno dei temi in programma. A domanda di questo tipo non si possono formulare risposte nelle chiuse stanze dei ministeri: bisogna uscire in mare aperto e andare a intrecciare dialoghi con chi, per esperienza di vita, ha appreso l’arte di navigare tracciando le rotte sulla conoscenza dei segni del cielo e dei venti. La tutela dell’ambiente marino non dipende dalla lettura della legge; una riserva non può realizzarsi ponendo divieti a chi per esperienza e per tradizione storica è Re dei segreti della coltivazione del mare.
Credo che nei conversari dei Marettimari che si ritrovano tra loro ci siano le chiavi di molte tra le più interessanti prospettive di gestione di una riserva, purché si stabilisca il benedetto dialogo alla pari tra i governanti e governatori, tra diverse dignità di competenze”.
Questo il ricordo di Giulia D’Angelo:
Non posso far altro che aggiungere a quanto ricordato da Vaccaro, come conobbi Gin e quanta influenza ebbe su di me. Gin mi venne a trovare presso la Libreria Internazionale il Mare a Roma, raccontandomi, come e perché avesse inventato per l’editore Mursia la collana “Andar per isole”. Ricordo la sua voce roca mentre mi diceva quanto avesse imparato ad amare gli isolani dopo che, a causa di una malattia, aveva dovuto abbandonare il suo lavoro di dirigente industriale nel 1976. Fu così che con un gruppo di studio iniziò a viaggiare lungo il Tirreno per scoprire e raccontare delle nostre meravigliose piccole isole. Iniziò ad amare profondamente gli isolani, per i quali si adoperò per trovare chiavi di sviluppo e di prosperità. Per evitare di fumare sigarette che i medici le avevano proibito, fumava la pipa, e per quei tempi una donna che fumava la pipa era uno scandalo, ma Gin non se ne curava. Era sempre stata una ribelle e in Emilia, (la sua terra d’origine) giovanissima, partecipava come staffetta con i partigiani che combattevano contro il fascismo.
Quando la conobbi di persona, avevo già visitato e fotografato sott’acqua numerose isole italiane e quindi avevo già letto i libri da lei pubblicati: Isole Ponziane, Eolie di vento e di fuoco e Egadi mare e Vita. Furono successivamente proprio le Egadi a rinsaldare la nostra amicizia. Insieme a Nino Allegra, direttore dell’Ente provinciale per il turismo lavorammo alla “Settimana delle Egadi” con l’apporto anche Maria Guccione, che oltre ad avere l’albergo Egadi, era sempre pronta a combattere affinché nella sua isola non avvenisse lo scempio della cementificazione delle coste.
Lavorammo molto negli anni “80” nel territorio della provincia di Trapani grazie alla spinta propulsiva
di Nino Allegra che cercava di investire il magro bilancio dell’Ente, nella cultura. Iniziò lui a cercare di recuperare i mulini a vento e le saline di Trapani. Ricordo come fosse contento che un imprenditore avesse recepito le sue idee investendo fondi per la realizzazione del Museo del sale. Ma torniamo a Favignana e alle Egadi. L’isola principale aveva un enorme patrimonio da curare e difendere: la pesca del tonno e lo stabilimento Florio. Fu così che nacque la Settimana delle Egadi proprio nel periodo della mattanza. Noi del gruppo che lavorava in sintonia con Nino Allegra, cercammo in ogni modo di confutare quanto affermavano i così detti “ambientalisti” che paragonavano la pesca del tonno con le tonnare fisse, alla corrida. Non capivano che dietro la pesca del tonno c’era la ricerca della sopravvivenza per gli uomini delle isole e non certo un gioco al massacro. Volevamo anche cercare di preservare il grande patrimonio subacqueo delle Egadi, spingendo affinché nascesse la riserva marina. Vito Vaccaro ricorda proprio quel grande dibattito che vedeva i pescatori di Marettimo contrari a qualsiasi riduzione della pesca nel loro territorio e non comprendevano, allora, che la salvaguardia del territorio, anche subacqueo, sarebbe stata la loro salvezza economica. Gin amava i tonnaroti di Favignana, ma soprattutto i pescatori di Marettimo perché sapeva quanta fatica, orgoglio e rischio di morire, mettessero in gioco, nel loro lavoro di pescatori. Ricordo la grande commozione di noi tutti quando il fratello di Giuseppe Abbione, morì durante una battuta di pesca, riuscendo a salvare un giovane pescatore che lavorava sulla sua imbarcazione. Le nostre idee, naturalmente si scontravano con interessi economici, che non erano quelli dei pescatori e degli abitanti delle isole, ma di altri che venivano da fuori e mettevano “zizzania” o la buttavano in “caciara”, come si dice a Roma, cercando di additarci come coloro che volessero proibire la pesca e quindi far morire di fame i poveri pescatori. Fu per questo che durante, un convegno, alcuni favignanesi spintonarono Gin Racheli che da allora non tornò più a Favignana. Gin, come noi tutti, in realtà sognava un ambiente protetto e un turismo sostenibile, senza la distruzione dell’ambiente che è il vero e solo importante patrimonio degli isolani. Io non fui spintonata, forse perché reputata più “favignanese”, in quanto avevo acquistato e restaurato una piccolissima e vecchia casa di campagna, vicino il cimitero, dentro una cava di tufo, dove Zu Sarino veniva a raccogliere il finocchietto selvatico, i melograni e i gelsi rossi. Forse anche perché mi occupavo di archeologia subacquea organizzando i convegni internazionali su questo tema. Ero convinta che la vera ricchezza delle isole si trovasse sott’acqua e che fosse importantissimo ritrovare i rostri delle navi cartaginesi e romane che parteciparono alla prima guerra punica. Non
capivo come, la Regione Siciliana, che spendeva tanti milioni per cose meno importanti, non investisse fondi per il recupero di tali reperti. Cercavo di mettere in evidenza questo problema ogni volta si presentava
un politico durante la Settimana delle Egadi. Il politico di turno prometteva regolarmente fondi e poi scompariva. Sono passati trenta anni e grazie alla determinazione di Sebastiano Tusa, che si è rivolto al grande archeologo subacqueo americano George Bass, e alla Fondazione americana RPM, si sono potute effettuate le ricerche che hanno portato a rinvenire sott’acqua
ben 11 rostri e altri sicuramente se ne troveranno insieme ad altri importanti reperti.
Di quegli anni ricordo anche lo scontro per il carcere. Non capivamo proprio come fosse possibile, che mentre in tutta Italia si andava alla dismissione delle carceri sulle isole perché troppo costose e complicate da raggiungere per i famigliari dei carcerati, a Favignana si volesse costruire addirittura un altro carcere in zona turistica e archeologica. Sostenevano che si sarebbero persi posti di lavoro: una falsità perché al massimo i guardiani avrebbero dovuto prendere un aliscafo per andare a lavorare a Marsala. Organizzammo su tale tema anche un convegno a Roma, con gli interventi di Maria Guccione, Sebastiano Tusa, Elisha Linder, e numerosi altri archeologi. Del convegno rimane traccia sulla rivista Il mare.
Il vero “obbiettivo” di Gin erano le Scuole del Mare. Una delle tante che secondo lei sarebbero dovute nascere soprattutto nelle piccole isole, doveva avere sede dentro lo stabilimento Florio. Aveva realizzato un articolato progetto che cercava di far recepire, senza successo, anche al Ministero della Pubblica Istruzione. Ho ritrovato, cercando tra le carte dell’epoca, un suo intervento, illustrato, durante la settimana delle Egadi del 1985. Un intervento che dopo 30 anni è ancora attuale e realizzabile. Vale la pena riportarne alcuni brani. Diceva Gin:” Perché le Scuole del Mare? Perché basta sfornare dagli istituti medi centinaia di geometri, ragionieri e maestri, votati all’emigrazione e alla sottooccupazione, in zone dove la ricchezza è lì a portata di professionalità, nel mare. Perché paesi costieri e Isole Minori vanno spegnendosi soprattutto a causa di questa incessante e mesta emorragia di giovani che se ne vanno. Perché le grandi città del Nord (da cui io provengo con un’amara esperienza) sono disperanti per i vostri giovani, mentre qui dorme la certezza di un futuro più ricco, di un mare che è qualità di vita, che è prospezione verso i logici sbocchi mediterranei della nostra economia e della nostra politica. Il futuro dell’Italia è sul mare e sulla terra e la nazione ha bisogno che sia istituita un’ampia zona formativa non soltanto per la pesca, ma per tutte le attività marinare. Non si dimentichi che sulle coste e nelle isole gravitano circa 30 milioni di abitanti, quindi oltre la metà della popolazione, gran parte della quale appartiene alle aree del Mezzogiorno e quindi è in prima linea nei progetti di occupazione e di sviluppo. Il Mare offre valori economici e culturali fruttiferi nel breve e brevissimo termine quali la pesca, la maricoltura, la cantieristica da pesca e da diporto, tutte le attività connesse alla marineria, il commercio, la trasformazione, i trasporti, il turismo, gli studi e le applicazioni scientifiche, la tecnologia, il recupero di un patrimonio artistico e archeologico, le specialità sportiva. Riassumendo, dunque, le finalità delle Scuole del Mare sono le seguenti: dare ai vostri giovani e alle comunità una prospettiva locale e congeniale immediatamente traducibile in lavoro autonomo o dipendente. Evitare l’emigrazione forzata dei giovani (….). Stimolare, attraverso l’abilitazione a un potenziale lavoro immediato lo spirito di iniziativa e l’imprenditorialità spontanea e privata. Preparare le risorse umane per un progressivo mutamento di rotta delle fonti produttive del Paese, concentrando gli investimenti in formazione degli uomini a produrre autonomamente posti-lavoro, anziché in grandi concentrazioni industriali destinate, per loro natura, a scontrarsi con più forti analoghe concentrazioni internazionali. Creare un terreno di risorse umane, cui la ricerca scientifica e tecnologica possa attingere per avere una leva di ricercatori fatta fin dal primo livello formativo, per il mare. (…) Il progetto prevede i due livelli medio-superiore e universitario. (…) Il livello medio-superiore si conclude con un diploma che abilita alla professione di perito in cinque specializzazioni opzionali: 1) pesca e maricoltura, 2) biologia marina ed ecologia del mare 3) tecniche subacquee per sommozzatori specializzati in recuperi, in fotografia, archeologia, montaggio, ecc. 4) meccanica navale con particolare riferimento ai pescherecci e alle imbarcazioni da diporto, 5) sport marinari: nuoto, vela, surf, sci nautico. (..)
Il livello universitario della durata di cinque anni con scelta al termine del 2° anno delle specifica disciplina di laurea e cioè. 1) biologia ed ecologia marina, 2) pesca e maricoltura, 3) tecniche subacquee e off-hsore, 4) costruzioni navali 5) docenza in sport marinari. Potranno esservi integrazioni e specializzazioni aggiuntive in base a corsi supplementari di strumentazione scientifica ed elettronica, archeologia subacquea, ingegneria portuale, tecnica di conservazione e trasformazione degli alimenti, tecniche commerciali “ Naturalmente il progetto “Scuole del Mare” di Gin era molto articolato e completo. Spesso veniva Roma per parlarne con i vari politici del Ministero della Pubblica Istruzione, in quelle occasioni, non tralasciava mai di venire alla Libreria Internazionale Il Mare per parlarmi dei risultati dei vari incontri, sempre negativi. Ora forse si potrebbe riprendere il suo progetto e farlo vivere grazie ai fondi Europei, utilizzando parte dei locali dello stabilimento Florio. Mentre Gin proponeva le Scuole del Mare, i nostri governati pensarono bene di fare ricerche petrolifere nel mare delle Egadi e furono anche istallate delle piattaforme petrolifere nelle vicinanze di Marettimo. Ci fu un piccolo sversamento di petrolio che rischiò di distruggere completamente le bellezze delle Egadi e dello Stagnone di Marsala. Anche in questo caso ci fu una mobilitazione per fermare queste ricerche e Nino Allegra, sempre vigile, organizzò dei convegni, invitando gli ingegneri dell’Eni che affermarono come non ci fosse nessun rischio ambientale (infatti furono subito smentiti dallo sversamento di petrolio). In una zona sismica, come quella delle Egadi (ci fu una scossa di terremoto proprio in quegli anni) era una pura follia scavare in profondità per la ricerca dell’oro nero. Comunque non capimmo se per nostra iniziativa o perché in realtà il petrolio fosse scarso, queste ricerche terminarono e le isole si salvarono dal possibile inquinamento, anche se ora si parla ancora di ricerche petrolifere nel canale di Sicilia. C’è una lotta in corso a Pantelleria guidata dal grande subacqueo Guido Picchetti con gli ambientalisti dell’isola. Quindi sarà necessario stare molto attenti anche alle Egadi e unirsi a questo movimento per la salvaguardia dell’ambiente.
Ora sarebbe opportuno ricordare fattivamente Gin Racheli realizzando la Nuova Settimana delle Egadi e le sue Scuole del Mare. Il giovane Sindaco di Favignana Giuseppe Pagoto si sta attivando per realizzare questi obiettivi. La prova generale di Ottobre, con scarsissimi mezzi e pochissimo tempo a disposizione, ha già messo in moto un meccanismo e una mobilitazione degli isolani, quindi ci sono buone premesse. Credo comunque che senza la determinazione degli abitanti delle Egadi, anche con gli aiuti esterni di scienziati e giornalisti, questi progetti non potranno realizzarsi.
Giulia D’Angelo