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Bidì |
“Resterà un mistero, forse per sempre, dove e quando germogliò la prima spiga di grano… La collocazione dei chicchi – il loro ordine all’interno della spiga – offriva un modello di armonia, di misura, forse anche di uguaglianza. Le molte specie e qualità dei cereali stimolarono il senso della diversità, della virtù, probabilmente anche della gerarchia. …È stato lungo il cammino dal chicco crudo a quello cotto, dalla farina alla focaccia.…” citazione da Pane nostro di Predrag Matvejevic Chissà se Franco Vescera come “Custode dell’Identità Territoriale” si riferisse a Matvejevic nel chiedere durante l’Expo 2015 che il pane siciliano sia inserito come patrimonio dell’Umanità nella “World heritage list” dell’Unesco.
È certo però che Vescera, chiamato anche l’archeologo dei grani, si riferisse alla Sicilia che vanta una varietà di grani come nessun altra regione in Italia. Varietà antiche che hanno resistito per millenni: quello di Raddusa è diverso da quello di Caltagirone e ogni cultivar dà un pane diverso: Bufala nera, Bidì, Scorza nera, Martinella, Nero delle Madonie, Tumminia, da Lentini a Castelvetrano a Camporeale, tutto cambia in pochi chilometri, basta che cambi il microclima, qualche minerale in più o in meno per modificare dal punto di vista organolettico il pane. A rendere il tutto ancora più straordinario c’è il fatto che ogni grano serve a produrre un pane diverso.
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Bufala nera |
Il nostro archeologo delle sementi è un pugliese emigrato giovanissimo in Brianza a cercare lavoro e di lavori ne ha fatti tanti fino a che non incontrò Marinella Parisi, siciliana di Carlentini, nel profondo sud, di un’antica famiglia di panificatori addirittura dal 1890. Emigrare questa volta in Sicilia, sposare Marinella e trasformare il panificio della moglie facendolo tornare a nuova vita sotto il suo nome, è stato un tutt’uno. Non dimenticando però la sua passione per la subacquea tanto da diventare istruttore. |
Scorza nera |
Così da una decina d’anni di anni, messa da parte la subacquea si è tuffato in un altro mare quello della nuova attività di panificatore seguendo ricerche per riportare alla luce genomi di grani antichissimi affiancato dalla Stazione Sperimentale di Caltagirone e dall´Università di Catania. Ha tracciato un percorso storico durato anni intervistando i contadini siciliani e fonda il suo lavoro su quattro pilastri fondamentali: il grano antico e salutare, la molitura a pietra, la trasformazione attraverso il “crescente” ed infine la cottura nel forno a legna. Nella sua azienda utilizza diverse varietà di grano che contengono un accorto equilibrio di antiossidanti e proteine. In particolare anche la Tumminia, un’antica varietà autoctona coltivata da sempre e che stava per essere dimenticata.
Franco l’ho conosciuto a Milano a maggio nella giornata inaugurale dell’Expo, nel padiglione Siciliano del Cluster Mediterraneo dove per la prima volta ho gustato il suo pane condito con un goccio d’olio. Nel Cluster ha approntato tale e quale il suo panificio alternandosi con i suoi figli e la moglie per tutta la durata dell’Expo hanno sfornato pane di Tumminia e degli altri grani siciliani ottenendo un successo strepitoso. Il secondo incontro, a sorpresa, a ottobre a Amsterdam all’inaugurazione della mostra La Sicilia e il mare all’Allard Pierson Museum. |
Amsterdam, Allard Pierson Museum |
Nell’occasione ha sorpreso tutti spedendo con un corriere da Carlentini diverse pagnotte che il direttore del museo ha esposto in una nicchia. Semplicemente per dimostrare che la Sicilia, luogo dai mille volti e sapori, ha risorse come ad esempio il pane di grano duro riconosciuto come uno dei pilastri della produzione agricola di tutto il Mediterraneo. E non è un caso se la Sicilia era definita come il “Granaio di Roma” in grado di soddisfare le esigenze alimentari del suo impero. Negli ultimi mesi ha ottenuto diversi riconoscimenti, a Palermo il premio “Best in Sicily” come miglior fornaio dell´Isola. Pochi mesi dopo premio alla storia per il recupero dei cereali antichi e alla biodiversità. Il Pasta trend alla fiera di Bologna ha eletto ventitrè realtà artigianali di eccellenza del mondo della pasta e fra queste il suo panificio.
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Marinella Vescera |
Infine è stato eletto Presidente della Sezione Alimentari di Confindustria Siracusa e nel suo programma ha sottolineato l’esigenza di costruire con le eccellenze del territorio la filiera del “mangiar sano” valorizzando il consumo delle produzioni locali nelle strutture ricettive del territorio. Senza dimenticare di incrementarne la qualità delle produzioni tipiche puntando sulla ricerca scientifica e l’innovazione soprattutto per sfruttare le opportunità offerte da Expo 2015, con fiere ed eventi di settore, da contatti diretti con buyers internazionali.
Vescera ha la capacità di unire la tradizione al progresso. Della tradizione fanno parte le mille e più interviste a produttori di grano e di pane che ha realizzato in tutta la Sicilia. Ha curiosato nelle loro tradizioni: dal crescente, all’acqua, al sale, nel modo per esaltare il sapore ma anche il valore di vitamine e proteine. Nella microscopica isola di Ustica di interviste ne ha fatte venti per scoprire alla fine altrettanti modi diversi di fare il pane. Lo stesso a Pantelleria, a Piana degli Albanesi. Non c’è provincia dove non abbia trovato un “tozzo di pane” da studiare con passione.
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Franco Vescera |
A Ustica poi è riuscito a seminare circa due ettari di terreno con due varietà di grano duro da tempo abbandonate, la Timilia e la Priziusa (semi provenienti dalla Stazione di Granicoltura) e la trebbiatura ha avuto una resa di 12 quintali di grano di ottima qualità molito poi con macine a pietra ha dato farine di grande pregio. Impastate seguendo le tecniche tradizionali con lievito naturale, acqua e sale, i pani sono stati infornati in forni di pietra lavica alimentati con legna di ulivo. È superfluo dire che quei pani avevano un profumo ed un sapore eccezionale, dovuto non solo al procedimento di lavorazione ma soprattutto alle caratteristiche del grano stesso e all'ambiente.
Ultima notazione che il nostro panificatore sta lavorando per ottenere la DOP (denominazione di origine protetta) del pane prodotto in Sicilia.
Nel nostro ultimo incontro a Roma, Franco mi ha mostrato con il modello di una macina a pietra come si ottiene la farina e nel salutarmi mi offre, come porta fortuna, una manciata del suo grano.