Antonio Martelli: quattro libri di successo per la storia navale militare

Scritto da Il Mare
11 gennaio 2016
Antonio Martelli, classe 1936, ha un curriculum notevole, da laureato in Scienze Politiche all’Università di Pavia ha concluso la sua carriera insegnando Strategia e Politica Aziendale presso la Bocconi di Milano nonché Economia Applicata presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Senza contare che ha anche insegnato presso diverse altre università italiane ed è stato più volte Visiting Professor presso le università di San Diego e di Kuala Lumpur, nonché presso la New South Wales University di Sidney.
Negli ultimi dodici anni ha preso a interessarsi di storia navale militare diventandone un cultore tanto da pubblicare tre libri, il primo sul conflitto navale anglo-francese, il secondo sulla guerra anglo-spagnola e il terzo sulla battaglia d’Inghilterra.
(La lunga rotta per Trafalgar. ll conflitto navale anglo-francese 1685-1805; La disfatta dell’Invincibile Armada. La guerra anglo-spagnola e la campagna navale del 1588, 2008; l due volti della strategia. La battaglia d’Inghilterra, 2011).
1906: primo sommergibile operativo tedesco
Libri che hanno un pubblico di nicchia, di appassionati di storia militare navale, purtroppo in Italia questo argomenti non destano lo stesso interesse di altri paesi in particolare la Francia, l’Inghilterra o  gli Stati Uniti. Quello che ha avuto più successo è il primo  Trafalgar. ll conflitto navale anglo-francese 1685-1805 con diverse migliaia di copie, che dopo la prima tiratura è stato venduto in abbinamento con il quotidiano Il Giornale, ottenendo un discreto successo. Il quarto e ultimo, è uscito nel 2015, Le due battaglie dell’Atlantico. La guerra subacquea, 1924-18 e 1939-45 Più di tre anni di lavoro in ricerche e documentazione con due soggiorni determinanti presso l’Imperial War Museum di Londra dove ha ricevuto un aiuto prezioso trovando moltissimo sull’argomento oltre a materiale inedito di prima mano.
Sommergibili inglesi primi del Novecento
Il libro è nato per contiguità logica con i precedenti, nel quadro costante della storia britannica di assicurarsi il dominio sui mari e di quella tedesca nel tentativo, sia nella prima che nella seconda guerra mondiale, di rompere questo dominio sostanzialmente cercando di bloccare il traffico marino, visto che l’Inghilterra, per ragioni troppo evidenti, non vive senza traffici via mare.
Ed è questo l’argomento del libro: i tentativi compiuti dalla Germania per vincere le due guerre con le offensive dei suoi mezzi subacquei, i temibili U-Boote, contro il traffico marittimo dei suoi nemici.
Moltissimi libri sono stati stati scritti o sull’una o sull’altra guerra, questo si differenzia sostanzialmente perché tratta contemporaneamente le due guerre. L’idea è che in entrambi i casi si cercavano soluzioni di un problema strategico che, anche se con connotazioni diverse, si presentava in fondo identico, o almeno molto simile.
Locale motori termici U-Boot, 1916
Le due guerre subacquee ebbero caratteristiche diverse dagli altri tipi di guerra navale, la seconda simboleggiata dai celebri grafici suoi quali Karl Donitz aggiornava le curve degli affondamenti di navi nemiche e quelle delle perdite dei sommergibili. In realtà, sul piano concreto, le due guerre consistevano in migliaia di lunghe e monotone navigazioni in immersione o in superficie, interrotte da attacchi quando i periscopi avvistavano prede da silurare e l’epicentro dei due grandi scontri durati rispettivamente 51 e 68 mesi fu l’Atlantico. Il filo conduttore di questo libro è l’aspetto strategico: ma le politica delle costruzioni navali, le scelte tattiche e operative, i fattori tecnici sono gli elementi che compongono un quadro minimamente esauriente.
Difficili condizioni di vita. Catene per sollevare i siluri
Così il libro dopo un rapido excursus sulla nascita e i primi sviluppi dei sommergibili tra il Sette e l’Ottocento, parla della creazione del potere navale tedesco con i progressi tecnici e l’organizzazione operativa degli U-boote a partire dalla seconda metà dell’Ottocento per arrivare alla prima guerra mondiale, dalla battaglia dello Jutland alla fine delle ostilità. Nel capitolo da “una guerra all’altra” è spiegata l’evoluzione dell’arma subacquea fino agli anni Trenta e l’organizzazione della Kriegsmarine alla vigilia della guerra. La battaglia dell’Atlantico è divisa in 5 fasi con altrettanti esaurienti capitoli per finire con il capitolo dedicato alla fine della Germania e alla tragedia che aveva avuto nella guerra subacquea uno dei momenti più drammatici. Quel che restava era una Germania devastata in un’Europa quasi altrettanto devastata con una scia di 41 milioni di morti (più di 70 milioni nel mondo), di mutilati, di profughi, di intere generazioni per cui la vita non sarebbe più stata la stessa.
Equipaggio U 46 affondato nel 1941
Nessuna guerra della storia ha fatto tante vittime quanto la Seconda Guerra Mondiale. Il paese che ha avuto più caduti in assoluto è l’Unione Sovietica: tra i dieci e i 20 milioni di persone. Ma tra il 1939 e il 1945 la Polonia ha perso il 16 percento della popolazione.
Di fronte a questi numeri la fine del governo del Terzo Reich appare meno che una piccolissima cosa.
Il libro si conclude con un epilogo dedicato ad alcune tra le figure di spicco del conflitto, sia tedeschi che alleati. E conclude la rassegna di figure importanti della Battaglia dell’Atlantico non con un militare e tanto meno con un politico, ma con uno scienziato tra i maggiori del Novecento: Alan Turing, che ebbe un ruolo fondamentale nella realizzazione di Ultra, che consentiva di decrittare i messaggi tedeschi. Si è calcolato che il suo utilizzo accelerò la fine della guerra di almeno due o tre anni, risparmiando qualche milione di morti. Dopo la guerra Turing continuò a lavorare nel campo della matematica applicata al calcolo automatico aprendo la strada alla teoria e pratica dell’intelligenza artificiale.
Sommergibile italiano del 1918
Purtroppo nel 1952 la sua vita subì una drammatica svolta. Era un omosessuale: una notte ospitò un ragazzo che lo derubò, e per averlo denunciato alla polizia lasciò intendere le sue preferenze sessuali. All’epoca in Gran Bretagna l’omosessualità era un reato e fu condannato a due anni di reclusione che patteggiò con un trattamento a base di ormoni femminili, in pratica la castrazione chimica. Dopo due anni si tolse la vita, simulando un incidente. Soltanto recentemente, nel gennaio del 2013, importanti esponenti del mondo scientifico internazionale mandarono una lettera aperta al Primo Ministro britannico David Cameron intitolata Pardon for Alan Turing, per sollecitare la grazia postuma.  E il 24 dicembre 2013 la regina Elisabetta, bontà sua, elargì la grazia postuma per Alan Turing.