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Foto di gruppo con Egadi 12 |
Mentre in Germania il dodici ottobre si inaugurava la mostra
Sizilien und die Unterwasserarchäologie (Sicilia e Archeologia subacquea) presso il prestigioso Landes Museum di Bonn, nella acque delle Isole Egadi, tra i 75 e i 95 metri di profondità, nei fondali a nord-ovest di Levanzo, non so dire se alla stessa ora ma sicuramente nello stesso giorno, Sebastiano Tusa arricchiva il suo già ricco bottino con il recupero del dodicesimo rostro! E il successivo 13, fortunata coincidenza, tirava su il tredicesimo. Voglio ricordare che Tusa dirige un’istituzione unica al mondo: la
Soprintendenza del Mare che con le più recenti metodologie archeologiche e scientifiche, esplora e protegge i siti subacquei della Sicilia. A Bonn la mostra ideata nell’ambito di una collaborazione tra musei e istituzioni (l’Allard Pierson Museum di Amsterdam, l’Ashmolean Museum di Oxford, la Ny Carlsberg Glyptothek di
Copenhagen), raggruppa reperti provenienti principalmente dalle ricerche della
Soprintendenza del |
Elmo Montefortino con il rilievo |
Mare, ma anche da ricerche e recuperi precedenti. Rimarrà aperta fino all’11 marzo 2018 e magari per quella data sapremo, dopo la pulitura del fortunato tredicesimo, cosa ha scritto il fabbro cartaginese incidendo la guaina superiore superiore del rostro. Si tratta del secondo rostro con iscrizione punica finora recuperato (l’altro era il rostro Egadi 3) e, quindi, sarà di grande aiuto per aumentare le conoscenze sulla battaglia. Anche il rostro Egadi 12, è diverso dagli altri finora rinvenuti, presenta infatti una decorazione su entrambi i lati di grande pregio artistico; la decorazione è costituita dall’impugnatura di una spada che si collega alla lama centrale del rostro e dalle appendici a testa di uccello che ornano la parte iniziale delle due lame superiore e inferiore. Decorazione finora nota soltanto nel rostro di Acqualadroni che la Soprintendenza recuperò alcuni anni fa nelle acque di Capo Rasocolmo presso Messina ed oggi esposto nella città dello Stretto. Tale decorazione permetterà di individuare la zona di provenienza del rostro grazie ad un’analisi iconografica che sarà condotta a restauro terminato. Inoltre Egadi 12 presenta un’iscrizione sulla guaina superiore, ma al momento non si può identificarne la natura.
Questi eccezionali recuperi sono il frutto della campagna di ricerche effettuata nel mese di ottobre 2017 dalla Soprintendenza in collaborazione con i subacquei altofondalisti della GUE (Global Underwater Explorers), sono scoperte di grande interesse scientifico che ampliano di molto le conoscenze sulla
Battaglia delle Egadi il cui luogo ove avvenne era stato già identificato negli anni scorsi. Le ricerche hanno interessato un’area a forte presenza di emergenze rocciose sul fondale ed è stata esplorata mediante immersione diretta dei sub piuttosto che con apparecchiature elettroniche (side scan sonar e multibeam) che invece sono più adatte e versatili nelle aree a fondo piatto e sabbioso. Egadi 12 e Egadi 13 si
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I reperti in mostra |
aggiungono agli 11 già recuperati nel passato, e dieci elmi in bronzo del tipo Montefortino. L’eccezionale novità scaturita dai rinvenimenti di questa campagna di ricerche è costituita anche da uno degli elmi rinvenuti e recuperati. Esso è del consueto tipo detto di Montefortino in dotazione ai militi romani, ma ha la peculiarità estremamente rara di avere sulla sua sommità un elemento applicato in rilievo che riproduce una pelle di leone in rilievo che sembra abbracciare la pigna centrale che ne orna la punta. Si tratta di un unicum nel panorama di tale classe di elmi. Esiste un altro elmo simile con un probabile uccello stilizzato applicato in analoga maniera sulla sommità. I pretoriani, corpo istituito più di due secoli dopo da
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Egadi 13: particolare dell’iscrizone punica |
Augusto, talvolta adornavano il proprio elmo con una reale pelle di leone. Non si conoscevano esempi di tale insegna in epoca romano repubblicana. È probabile che tale decorazione sia da ricondurre ad una città alleata di Roma dove forte era l’influenza del mito di Eracle/Ercole che, com’è noto, è spesso rappresentato con la pelle di leone sul capo. Oppure si potrebbe pensare ad un’insegna che indicherebbe un ruolo gerarchico nell’ambito dell’esercito romano. Si tratta di supposizioni preliminari che dovranno essere vagliate ed approfondite nel corso degli studi necessari per decodificare questi interessantissimi ed importanti segni del passato. E Sebastiano Tusa ha sintetizzato il valore della ricerca con questa sua dichiarazione: “
È un risultato eccezionale sia |
Egadi 13 nella foto di Richard Lundgren |
sotto il profilo scientifico poiché aggiunge altri reperti con caratteristiche assolutamente inedite a quelli già noti e recuperati che certamente potranno apportare nuovi dati tipologici, tecnici, epigrafici e storici. Si sottolinea anche la correttezza del percorso metodologico adottato che vede un eccellente esempio di giusto equilibrio fra ricerca strumentale e intervento diretto dell’uomo. Queste ultime scoperte si aggiungono alle tante effettuate nel passato in questo tratto di mare tra Levanzo e Marettimo e che hanno permesso di localizzare esattamente il sito in cui si combatté una delle più grandi battaglie navali dell’antichità per numero di partecipanti, circa 200 mila, tra i Romani, guidati da Gaio Lutazio Catulo, e i Cartaginesi, capeggiati da Annone, e che, oltre a chiudere a favore dei primi la lunga e lacerante Prima Guerra Punica, sancì la supremazia di Roma su Cartagine. Sono tornati alla luce autentici frammenti di storia antica in forma di tredici rostri bronzei di antiche navi da guerra, diciotto elmi bronzei, centinaia di anfore e reperti di uso comune”.
Alla dichiarazione di Tusa mi permetto di aggiungere una mia considerazione: non riesco a trovare gli aggettivi giusti per definire questa impresa. È sicuramente eccezionale ma quello che più mi lascia sorpreso è che lo è solo per noi appassionati di archeo-sub. Se per un giorno fossi il direttore del TG1 o del Corriere quusta notizia l’avrei sbattuta in prima pagina. O no?
A ds. Egadi 13 Le fotografie sono di Salvo Emma della Soprintendenza del Mare