Dove i cristiani realizzano l'ampiezza della vittoria, ma anche la gravità delle perdite, e tornano a casa litigando per la spartizione del bottino
È il 7 ottobre 1571, quattrocentoquaranta anni fa, a Lepanto, all’imboccatura del golfo di Corinto, si interrompe l’espansione dell’Islam con la grande vittoria della flotta cristiana.
Uno scontro epocale descritto dallo storico
Alessandro Barbero nel libro
Lepanto. La battaglia dei tre Imperi – il Turco, il Veneziano e lo Spagnolo. È il racconto della storia di quella giornata, dell'anno e mezzo di guerra che l’ha preceduta, del lento e faticoso processo che ha condotto la flotta cristiana e quella musulmana, più di cinquecento galee, ad affrontarsi. Le perdite furono altissime, trentamila uomini tra i mussulmani e settemilacinquecento tra i cristiani, in compenso furono liberati dalle galee turche quindicimila schiavi.
Barbero, studioso di prestigio e professore di Storia Medievale, in chiusura del libro annota:
Fin dal primo momento i comandanti cristiani si resero conto d'aver ottenuto una vittoria senza precedenti. Non c’era quasi galera che non ne rimorchiasse una nemica, e quelle scampate erano molto poche, anche se sui numeri non c’era alcun accordo, né c'è mai più stato da allora. Il 9 ottobre il Caetani scrive che “le galere prese sono da centocinquanta, e da quaranta affondate ed abbrugiate. Tutti li corsari ed uomini famosi sono morti”. |
Alessandro Barbero |
E pensare che non più di due mesi prima il comandante turco Kata Mustafa Pascià aveva espugnato la fortezza veneziana di Famagosta a Cipro. Nell’assedio perse 52mila uomini, tra cui suo figlio, così per rivalsa i prigionieri veneziani furono fatti schiavi e incatenati alla galee turche, per di più fece scorticare vivo il senatore veneziano comandante Marcantonio Bragadin di fronte ad una folla di musulmani esultanti e la sua pelle, conciata e riempita di paglia, era stata innalzata come un manichino sulla galea del Pascià, insieme alle teste dei suoi luogotenenti Baglioni, Martinengo e Querini.
In una breve recensione scritta da Roberto Saviano all’uscita del libro, così invita alla sua lettura:
«Ho sul comodino Lepanto, un libro di Alessandro Barbero, edito da Laterza. L'ho scelto perché questa battaglia è sempre stata lì, rimbalzava nelle pagine dei libri di scuola, nei racconti, mai fin in fondo approfondita eppure storia epica. Quando ho visto questo libro mi sono accorto che finalmente era giunta l'occasione di approfondire. Davvero questo è un romanzo potente. Uso la parola romanzo perché non per forza un romanzo è d’invenzione. In questo caso sono tutta una serie di fatti assolutamente reali, disciplinati, raccontati come un storico sa prescegliere i fatti ed è la grande guerra tra Occidente e Oriente, quando Papa Pio V vuole realizzare il suo sogno, cioè l'unione di tutte le potenze cristiane, e affrontare in mare i turchi. La forza cristiana e quella ottomana che si vogliono scontrare hanno come sfondo Cipro, inquisitore che nel libro assume un profilo da personaggio romanzesco. Questo libro – conclude Saviano – lo consiglio a coloro che hanno avuto sempre una certa diffidenza nei confronti dei saggi, perché si accorgeranno che si sono persi forse tra le cose migliori mai scritte.»