Appena cinquanta anni di bolle…
, il lungo viaggio di Antonio Soccol

Scritto da Il Mare
28 febbraio 2012
Antonio è partito per il suo lungo viaggio senza ritorno. Lo salutiamo lunedì 27 febbraio alle ore 15,15 presso il crematorio del Cimitero di Lambrate (Milano)
Ho ricevuto questa breve mail da Antonella, dall’indirizzo di Antonio Soccol, e subito altre comunicazioni da Ninì Cafiero, da Marco Eletti, da Corradino Corbò. Siamo rimasti tutti addolorati, anche se ce lo aspettavamo, perché Antonio aveva interrotto le comunicazioni già da qualche mese e ci aveva preannunciato che se non avesse più risposto alle mail voleva dire che stava molto male.
Così Antonio è partito sabato 25 febbraio 2012 alle ore 23.30 nella sua casa di Milano, in Montenapoleone assistito da Antonella compagna d’una vita e dalla sorella Silvana. Nato a Venezia nel 1940, nel prossimo mese di giugno avrebbe compiuto 72 anni. Lo ha ucciso un tumore al cervello, per rimuovere il quale era stato operato due volte. Personaggio scomodo, con pochi amici  e  numerosi antipatizzanti, figura di primo piano del giornalismo “d’acqua”, dalla motonautica alla subacquea, era stato direttore di “mondo sommerso”, aveva poi fondato e diretto “sesto continente”, quindi diretti “esquire” e “aqva”, infine ancora fondatore e direttore di “no limits world”.
Ma il suo migliore curriculum (auto ironico) è  “Cinquant’anni di bolle”, scritto dallo stesso Antonio:
“mi ricordo sì...
...
non è facile però condensare in  poche righe tutti i “danni” che ho inferto alla subacquea dal 1965 a oggi, collaborando prima (per dodici anni) e poi dirigendo “Mondo sommerso” per un paio d’anni, fondando quindi (nel 1980) “Sesto continente” e mantenendolo faticosamente in vita per cinque anni e infine dirigendo “Aqua” (1988) per ben undici mesi e ventinove giorni, nonostante l’editore: un reduce della Repubblica di Salò...
Ho inventato le manifestazioni di fotografia subacquea (prima in Italia, abolendo le gare di caccia e garantendomi così l'odio feroce di tutti i produttori di materiale sub per i quali senza fucile era inutile andare sott’acqua…) e poi all’estero.
Sono stato amico di ragazzi come Gianni Roghi e J. Y. Cousteau, di Sergio Bertino, di Christian Petron, di Jacques Mayol, di Daniel Mercier, di Umberto Pepoli, di Gaetano “Ninì” Cafiero, di Alberto Laviano, di  Pipìn, e di Umberto Pelizzari. Per non dire di tutti i grandi fotosub: Flip Schulke, Mike Yamashita, David Dubilet, Enrico Cappelletti, Andrea Ghisotti, Massimo Simion, Roberto Rinaldi (e qui ci vorrebbe un “eccetera”, ma di quelli lunghissimissimi) e di quei meravigliosi pazzi scatenati tipo Herwarth Voigtman e Marco Eletti che baciavano in bocca gli squali.  
Marco Eletti bacia gli squali
Ho litigato (ma chi non l’ha fatto?) con Raimondo Bucher… anche se condivido con lui l’idea che il miglior Gav del mondo è un sacchetto (di plastica) della Standa. Ho invitato ad un sano “turismo e sesso” (leggi: vaff…) quel pluri patentato tanghero di Fulco Pratesi che, su il “Corriere della Sera”, aveva scritto che i sub vanno sott’acqua con il “pugnale” per uccidere i pesci…
Ho inventato il nome GAV (Giacchino-giubbino ad Assetto Variabile). Ma sono stato anche l’unico (che io sappia) a pubblicare un articolo dal titolo: “Questo Gav uccide’ (era della Cressi).
Posso raccontare dell’immersione nel cimitero (più di trecento) delle àncore (di galeoni spagnoli) dentro al porto di La Habana con le petroliere che passavano sopra alla testa, 42 metri più su. ...e le “mire” erano date dall’allineamento degli "attributi" di una grande statua equestre con la croce di un campanile... il tutto nel cuore di Cuba, la comunista. Ho un “vanto” molto personale: nella subacquea non mi hanno mai dato un premio. Nemmeno il famoso, leggendario “Tridente d’oro” di Ustica: meglio soli che mal accompagnati (Ninì, con tutto il rispetto…).
... hai voglia di cose da dire: appena cinquanta anni di bolle…

Antonio Soccol