Nadia e Maurizio, un’accoppiata molto “comunicativa”

Scritto da Il Mare
20 ottobre 2015


Nadia Repetto e Maurizio Wurtz
L’accoppiata Nadia Repetto/Maurizio Wurtz ve l’abbiamo presentata a marzo di quest’anno per raccontarvi il loro eccezionale exploit al Museo di Storia Naturale di Shanghai dove hanno esposti, o meglio appesi, la bellezza di dodici modelli tridimensionali di animali marini, tra cui una balenottera gigante di ben 24 metri.
Il palmares di Maurizio è notevole e di tutto rispetto: biologo, professore di Tecniche di Monitoraggio dei Cetacei all’Università di Genova, Conservatore scientifico del Museo Oceanografico di Monaco dal 1995 al 2001, disegnatore e scultore di animali marini e usa qualsiasi strumento. Con la tecnica ad olio ha dipinto il celebre quadro ad olio di 5 metri, raffigurante la barriera corallina, in mostra all’entrata dell’acquario di Monaco a Montecarlo. Altrettanto notevole quello della moglie Nadia, biologa marina, nel campo della divulgazione scientifica con libri e testi multimediali rivolti soprattutto al mondo della scuola.
Nel 2001 hanno costituito ARTESCIENZA una società per contribuire alla conoscenza e alla conservazione dell’ambiente naturale.  L’ultima loro performance è la partecipazione a settembre al Festival della Comunicazione di Camogli. E cosa hanno combinato è la stessa Nadia a raccontarlo.

Camogli: 5 zifio spiaggiati
Cosa poteva fare Artescienza ad un Festival della Comunicazione? Semplice, cercare di comunicare la scienza attraverso l’arte o viceversa.
A Camogli dal 10 al 13 settembre si è tenuto il secondo appuntamento con il Festival della Comunicazione, un grande richiamo di pubblico per ascoltare oltre 126 tra giornalisti, scrittori e intellettuali che si sono confrontati con la parola d’ordine: “Il linguaggio”.
A gennaio, con un buon anticipo, abbiamo avuto un’idea folle, realizzare un’installazione, costruendo 10 modelli di un cetaceo, da posizionare sulla spiaggia per simulare uno spiaggiamento di massa e sul loro corpo scrivere frasi e concetti presi in prestito dalla scienza e dalla letteratura. I modelli dovevano essere costruiti in vetroresina, leggeri, indistruttibili e indifferenti le diverse condizioni metereologiche.  
Scheletro in fil di ferro
 L’idea era di stimolare lo stupore e le emozioni del pubblico, non solo attraverso la lettura dei messaggi, ma anche facendolo interagire in modo che le reazioni delle persone diventassero parte dell’installazione stessa.
Ma i materiali costano.  Così abbiamo lanciato un Crowdfunding, “Words from the sea” ottenendo oltre mille “mi piace”, ma nessun sostegno economico. Abbiamo così scoperto che questa forma di autofinanziamento in Italia è ancora poco conosciuta e i più non sanno neppure cosa significhi e cosa comporti.   Senza risorse non ci siamo persi d’animo… se i modelli non potevano essere realizzati in vetroresina allora li avremmo saranno costruiti meno e con materiali più economici:  1000 metri di fil di ferro, 20 litri di colla da parati, 50 kg di carta da giornale, 8 kg di carta da pacchi, 5 kg di pittura, 10 rotoli di nastro adesivo,  20 pennelli e 600 ore di lavoro.  Al termine solo 5 dei 10 animali previsti sono stati portati a Camogli.
Volutamente la forma degli animali è stata realizzata non in modo dettagliato, ma con una precisione tale da poter identificare la specie, lo zifio.  La scelta è stata dettata dal fatto che  questo cetaceo è frequente nelle acque del mar Ligure, è sufficientemente “ingombrante” da destare curiosità, ma non troppo, più di un delfino e meno di una balenottera, per poter essere trasportato con facilità. 
Le sue dimensioni, 5 metri di lunghezza, sono tali da fornire una superficie sufficiente per scrivere numerosi messaggi.
Una metafora, quindi, un’occasione per parlare del mare, del Mediterraneo, ma anche per esplorare il linguaggio scientifico e quello dell’arte attraverso le forma degli animali, i temi trattati e la forma della scrittura, nel tentativo di creare un’unità estetica. 
Umberto Eco nell’introdurre il festival ha detto “Oggi la gente è stanca della banalità, ha voglia di cose difficili, cerca la complessità”.
La scelta delle frasi e delle parole è stata frutto di una ricerca accurata; ora la poesia di Garcia Lorca e le parole di Rainer Maria Rilke che ci dice “Quando i miei pensieri sono ansiosi, inquieti e cattivi, vado in riva al mare, e il mare li annega e li manda via con i suoi grandi suoni larghi, li purifica con il suo rumore, e impone un ritmo su tutto ciò che in me è disorientato e confuso”, ora l’ironia di Antonio Tabucchi che descrive come le balene vedono gli uomini o quella di Gianni Rebora che invoca una dichiarazione dei redditi per i pesci poveri.  Mediterraneo, ambiente violato dalla cementificazione, Mediterraneo dove è stata concepita l’Europa come dice Pedrag Matvejevic. 
La superficie di un modello è stata ricoperta di impronte di mani, mani grandi da adulto, mani piccole di bimbo per ricordare che i delfini e le balene migrano in un mare senza confini e senza muri,  mentre bambini, donne e uomini, in fuga dalle guerre e dalla fame muoiono in Mediterraneo per la nostra incapacità ad abbattere pregiudizi, barrire fisiche e culturali.
Interessante è stato osservare la reazione del pubblico, i più si sono soffermati sulle frasi, le hanno copiate, hanno chiesto informazioni, molti giovani artisti hanno colto l’aspetto estetico e formale, altri hanno colto solo l’aspetto forse più scontato, gli animali spiaggiati per loro erano un monito per salvare il Mediterraneo. 
I bambini cercavano soprattutto il contatto fisico abbracciando i modelli, mentre alcuni adulti non si sono resi  conto della presenza di strutture ingombranti sulla spiaggia e utilizzavano le pinne o la coda per appendere asciugami, borse.
Risulta arduo dare una definizione di linguaggio tanto più se si cerca una relazione tra arte e scienza, stranamente si continua a trattare queste due produzioni dell’intelletto umano in modo separato e antitetico.  Riconoscendo alla scienza la sua origine nella creatività e nella fantasia di cui è capace l’intelligenza umana, risulta molto più affascinante soprattutto perché così si riconosce all’intelletto una posizione attiva e alle teorie scientifiche una  funzione non dogmatica. 
Il giudizio visivo attraverso cui passa una parte importante della conoscenza, quindi non è un contributo successivo alla percezione, ma ingrediente essenziale all’atto stesso del vedere. Prendere coscienza del giudizio visivo, tradurlo e formularlo significa sapere “Che cosa in realtà vediamo”.
Nadia Repetto