Navigare necesse est e la storia dei Fari nel mondo antico

Scritto da Il Mare
17 aprile 2011
Il modo di dire, o meglio la locuzione “Navigare necesse est, vivere non est necesse” secondo Plutarco è l’incitazione che Pompeo dava ai suoi marinai perché si imbarcassero nonostante il cattivo tempo. Nel Medio Evo divenne invece il motto della Lega Anseatica per giustificare il suo monopolio nei commerci marittimi nell’Europa del Nord, nella retorica dannunziana divenne simbolo di vita eroica, mentre Mussolini nel 1920 la fece sua in un articolo che scrisse sul Popolo d’Italia per parlare della necessità per l’Italia di costruirsi un Impero. Infine in tempi più recenti la massima è stata ripresa dallo scrittore Fernando Pessoa e anche dal cantautore Caetano Veloso.
A noi invece interessa perché Navigare necesse est è il titolo del libro del giovane, trentasei anni, archeologo bolognese Baldassarre Giardina, che  ha avuto l’onore di vedere il suo studio sui fari nel mondo antico pubblicato nella prestigiosa collana dei British Archaeological Reports (BAR) promossa dall'Università di Oxford con il titolo “Navigare necesse est. Lighthoses from Antiquity to the Middle Ages. History, architecture, iconograpy and archeological remains”. La controcopertina invece ha il titolo in italiano: “Navigare necesse est, il Faro tra mondo antico e Medio Evo”.

Il faro nei disegni dei viaggiatori arab
La ricerca è frutto di anni di studi per un argomento che è rimasto indietro negli studi storico-archeologici; mancava una ricerca aggiornata e una conoscenza sistematica e spesso diretta su questi monumenti. Giardina ha affrontato direttamente la ricerca con la raccolta personale delle informazioni, dei dati e dei riscontri scientifici: così che dalla loro somma ha saputo assemblare e interpretare tanti brandelli in un quadro complessivo, mettendone anche in luce aspetti inediti e riuscendo a precisare caratteristiche architettoniche e tipologie, formulando ipotesi sulla forma dei fari, scuole e modelli che si sono evoluti dalla preistoria all’età medievale. Un’opera preziosa, inoltre, che unisce a una capillare e ricca raccolta di informazioni scientifiche, il pregio di una facile lettura: la pubblicazione rappresenta pertanto un utile strumento a disposizione sia dello studioso che dell’appassionato. Là dove risultavano poche le fonti letterarie ed epigrafiche hanno supplito la documentazione recuperata sulle figurazioni, antiche e medievali. Il faro di Miseno, di Capri, di Taposiris Magna, di La Coruña, di Dover ma anche fuochi di promontorio, tempi i illuminati la notte, torri di avvistamento e di segnalazione, prime vere torri faree. Poi il Faro di Alessandria, che ha imposto il suo modello architettonico e di utilità pratica.
Poseidone e Isis Pharia con il modello del faro di Alessandria
Un percorso che parte, dalla guerra di Troia, giungendo all’età ellenistica e poi romana, quando il sistema dei fari si organizza razionalmente, con evidenti capacità di sfruttare le potenzialità dei luoghi e le necessità del navigare. La ricerca dei modelli figurati antichi. specie quelli rappresentati sulle monete, dimostra come il sistema si fosse diffuso in tutto il mondo antico, per la sicurezza degli approdi e delle vie d'acqua. Il periodo tardo repubblicano e imperiale è il più ricco di dati e costituisce anche la parte più originale del lavoro.
Tutto ciò esigeva una organizzazione ampia e complessa, fondata su tecnologie elementari ma in taluni casi sorprendenti: è il caso ad esempio del faro di Alessandria, che con i suoi 100 metri di altezza quasi eguagliava molti moderni grattacieli. Interessante la ricostruzione della vita che si svolgeva accanto al faro, che un tempo era anche luogo di attività commerciali, dove ci si recava per pregare gli dei e acquistare piccoli oggetti votivi prima di intraprendere un viaggio per mare, che nell'antichità non era mai privo di pericoli.
Giardina estende la sua ricerca anche alle vicende successive dei fari, mostrandoci cosa sono diventati in età medievale e quelli dei quali è ancora possibile rinvenire i ruderi; come ugualmente ci rivela i cosiddetti “falsi fari”, cioè le installazioni ritenute tali, che hanno invece tutt’altra origine.
Ogni faro è descritto in una scheda particolareggiata, tutte in italiano, con un ricco corredo di illustrazioni.















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