Me lo sono trovato di fronte all’improvviso, addirittura stava per entrare dalla finestra! Mi ha guardato stupito prima di volare via in un battito d’ali. Si tratta di un piccolo pappagallo, il parrocchetto, che da qualche tempo ha colonizzato i nostri giardini. Per saperne di più ho chiesto informazioni al nostro “informatore” Fabrizio… , che lo ha anche disegnato.Il loro volo è rapido, sfrecciante, in gruppo, rumoroso per quel caratteristico e continuo gracidio. Si spostano da un parco all'altro, da un filare di platani a un gruppo di pini, si posano ovunque ci sia cibo: nespole, arance amare che decorano viali e giardini storici, melograni, ma anche semi di magnolia, datteri di palma (non da olio). I loro nidi sono vistosamente grandi (fino a 200 chili di rami intrecciati) oppure nelle cavità di alberi. Due tipologie di nidi diversi perché loro, i parrocchetti che hanno invaso le città italiane e anche molte altre europee, sono due specie diverse.
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Parrocchetto monaco |
Il parrocchetto che vive nei grandi nidi comunitari è il Monaco, piumaggio quasi tutto di un bel verde luminoso ma con il petto grigio chiaro e un becco bruno giallastro. Il parrocchetto dal collare invece fa il nido nel cavo degli alberi o persino in cavità artificiali. È totalmente verde smeraldo con un collarino che dalla gola gira indietro alla testa e un becco di un bel colore rosso acceso.
Due specie diverse quindi ma un'unica famiglia quella degli psittacidi. Mentre il Monaco è originario delle aree subtropicali dell'America del Sud (dall'Argentina al Brasile) il Parrocchetto dal Collare aveva il suo habitat nativo nella
fascia subsahariana dell'Africa e nell'Asia tropicale. E allora come sono capitati in Europa e soprattutto come fanno a resistere a climi diversi da quelli tropicali? Domande più che lecite a cui si può rispondere con supposizioni ma anche con affermazioni più precise. Si suppone infatti che i primi parrocchetti siano fuggiti da allevatori che li tenevano in gabbia o siano stati rilasciati
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Parrocchetto dal collare |
volontariamente per divertimento. Sta di fatto che i primi avvistamenti in Europa si collocano in Costa Azzurra, tra Nizza e Cannes, alla fine degli anni Settanta, in Liguria e poi a Roma circa trenta anni fa. Da pochissime coppie nel giro di tre o quattro decenni la popolazione delle due specie di parrocchetti è letteralmente esplosa. Si calcola ormai che a Roma ce ne siano diverse decine di migliaia praticamente ovunque ci siano alberi (persino sulle due palme davanti alla sede della Banca d'Italia di via Nazionale). Il fatto poi che animali abituati a climi tropicali o subtropicali possano vivere tranquillamente in città dove potrebbe anche nevicare in pieno inverno o dove la temperatura potrebbe scendere anche sotto lo zero è spiegabile facilmente: i cambiamenti climatici sono la prova provata della capacità di queste specie di vivere in Europa.
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A questo dato incontrovertibile (solo il presidente Usa Donald Trump e il vice primo ministro italiano Matteo Salvini non se ne sono accorti) si aggiunge la grande adattabilità dei questi pappagalli che l'ornitologia ufficiale ha stabilito di aggiungerli alle specie italiane anche se alloctone. Domande frequenti: ma sono un rischio per altre specie di uccelli autoctoni? possono creare problemi di competizione per il cibo e gli habitat?
Domande lecite anzi doverose alle quali gli ornitologi rispondono per ora in modo vago senza vere certezze. Sulla presenza ormai di massa di questi pappagalli dovrebbe intervenire l'Istituto Nazionale della Fauna Selvatica inglobato da anni nell'Ispra. Dovrebbe ma non lo fa, per ora. Succederà che questi parrocchetti toglieranno ogni specie di cibo al altri uccelli? Succederà che a forza di strappare rami per formare i loro mega nidi uccideranno alberi come i cedri del Libano, i loro preferiti? Non si sa, o almeno non lo sa chi scrive. C'è da dire che oramai tutti i cittadini di Roma come di Genova o Bologna sanno dell'esistenza dei parrocchetti. E così ora c'è chi li ama, si diverte a fornire loro semenze di ogni tipo, li fotografa. E c'è chi li odia per il frastuono che fanno soprattutto al mattino e alla sera. Come sempre succede nel nostro Paese si formano subito schieramenti contrapposti. Chi scrive non prende posizione. Li segue da sempre, da quando ha visto i primi volargli sopra la testa. La novità degli ultimi tempi, per un osservatore attento, è che anche i falchi pellegrini si sono accorti dei parrocchetti. E li hanno ascritti nel novero delle loro prede, insieme agli amati piccioni.
Fabrizio CarboneL’illustrazione che apre il servizio è di Fabrizio, le foto invece sono riprese da internet